domenica 13 febbraio 2011

Il pensiero fugace della marina

Osservare il tramonto è un esercizio di ricerca della perfezione del pensiero. E' adattare l'occhio dalla normalità del giorno alle prime luci della sera che si accendono, mentre tutto ad un tratto l'orizzonte prende fuoco. Il cielo si avvampa ed il paesaggio diventa sempre più scuro fino a diventare solo una nera cornice nel gioco dei controluce serotini. Quando tutto si compie di secondo in secondo i colori cambiano: dall'arancio tenue all'arancione intenso, al rosa, al violetto, al blu cobalto della notte che sopravanza la Luce.
Il sinistro canto delle cornacchie che vanno "a mason" (a passar la notte sugli alberi nei boschi) rende meno poetico il momento mentre i pensieri si rincorrono. In questa Terra di Mezzo della Brianza in un inverno che negli ultimi giorni ha perso il filo, barcamenandosi tra l'autunno passato e la primavera futura, sovviene il desiderio della marina. Il desiderio dei tepori estivi, di una palla di fuoco che si tuffa nel mare, del canto dei gabbiani anzichè di quello delle cornacchie, del profumo della macchia mediterranea, di un bacio salato.
E' un flash tanto veloce nel suo manifestarsi che illumina i tuoi pensieri per un frammento di Tempo minimale, ma che è sufficiente a farti chiudere gli occhi pensando a sensazioni lontane nel Tempo. E' un pensiero stupendo, che ti prende il cuore e ti fa decollare come un fuscello inerme nel vento, ma che un attimo dopo è già scomparso.
Ma quando riapri gli occhi il cielo si è spento, la luce si fa tenue all'orizzonte, si affievolisce il controluce, e puntuale si accende il santuario sulla cima del colle, puntuale come un faro.
Già, un faro. Chissà perchè, ritornando con il pensiero dalla marina d'estate alla Brianza d'inverno, quel santuario illuminato ti pare proprio un faro.
Ed un silenzio di tomba avvolge il tuo spirito...
(nella mia foto di oggi: tramonto d'inverno su Montevecchia)

lunedì 7 febbraio 2011

Sovrumani silenzi

Quando il vento è calmo, sul finir dell'inverno, mentre un filo di nebbia avvolge il piano della "Brianza velenosa" (L.Battisti) , sui colli pare già quasi primavera. Osservando dall'alto la pianura pervasa dalla luce lattiginosa, al calar della sera, la soprastante volta celeste appare tanto più limpida quanto si stacca dalla Terra, abbracciando le prime stelle tremolanti. Contemplando questo "interminato Spazio" e questi "sovrumani Silenzi" (G.Leopardi) vien da tuffarsi con la mente in un volo leggero, perchè almeno con quella si può cercare di volare.
Volare con la fantasia, volare con il pensiero, volare con le percezioni.
E' quello che succede sul finir dell'inverno, quando il nostro olfatto non è più abituato ai dolci nettari dei fiori, così assenti nella stagione fredda, e ci coglie tutto d'un tratto la meraviglia di quel profumo tanto intenso che a volte percepiamo senza cogliere, a primo sguardo, donde proviene. Ci guardiamo intorno cercando quel fiore, lungo la via, nei giardini, nei campi, ed il più delle volte non siamo in grado di abbracciarlo con lo sguardo, perchè il nostro raziocinio ci fa pensare che più il profumo è forte, più il fiore sarà grande... Ed invece la Natura ci regala la meraviglia che spesso il fiore più profumato è quello meno vistoso, perchè deve recuperare con il profumo ciò che non riesce a trasmettere con l'apparenza.
Circondiamoci del Bello, viviamo il Bello: sempre e comunque.
Anche quando il Cuore ha perso ogni speranza di assaporare i profumi a causa di un inverno lunghissimo. Ed osserviamo attentamente quel che ci circonda con la capacità di non coglier solo ciò che è appariscente ed immediatamente visibile, ma anche ciò che magari meno si vede ma ben più profuma...
"L'essenziale è invisibile agli occhi" ("Il piccolo Principe").
i "Sovrumani silenzi" della Brianza dal Cornizzolo)

domenica 30 gennaio 2011

La Primavera tarda ad arrivare

Quando si è costretti dagli eventi ad attraversare una sorta di "Terra di Mezzo" sospesa tra quanto si è fatto e non si è fatto nel passato pur potendo farlo, e quanto si farà e non si farà nel futuro magari per la paura di non poterlo fare, succede che a volte il cuore s'impaura e si tende a rifiutare qualsiasi sentimento che si affaccia alla sua porta. Si crea quella sorta di "paura d'amare" che, se può essere normale nei primi mesi che arrivano dopo la fine di un rapporto importante, non può essere normale che duri degli anni perchè si rischia di non essere più capaci di amare.
Le nostre giornate si riducono sempre più ad una corsa al fare, magari senza senso e seguendo solo i binari obbligati della quotidianità, sia nei rapporti che nelle occupazioni, e gli spazi contemplativi vengono sempre relegati in un angolino minuscolo del nostro agire, e sempre più piccolo.
Si perde così la capacità di contemplare il bello e di essere recettivi ad un sentimento positivo, inseguendo il piacere fine a sé stesso e scevro da ogni impegno: per poi aumentare i momenti nei quali ci si sente soli e quelli in cui alberga la autocommiserazione.
A volte ci vorrebbero degli "shock" positivi: "...la primavera intanto, tarda ad arrivare..." ( Franco Battiato, Povera Patria)
(nella mia foto di oggi: una "Terra di Mezzo" tra il tramonto e la riva sul Lario)

sabato 8 gennaio 2011

L'esercizio del silenzio

Se volere è potere, non per forza potere è volere.
La nostra Vita è un eterno e continuo rapportarsi con gli altri, a meno che scegliamo un percorso ascetico di ritiro in una torre d'avorio. Nel continuo rapportarsi con gli altri, spesso creiamo molto chiasso, molto rumore di fondo, insomma. Il più delle volte è più conveniente, per una reciproca convivenza non conflittuale, non parlare dei problemi ma far finta che gli stessi non esistano, rimandando ad un domani indefinito la risoluzione degli stessi.
Spesso e volentieri si rischia meno lo scontro di idee o pareri diversi, adeguandosi all'idea della massa, a seconda della situazione e della convenienza del momento, dove l'opinione della massa può essere, o meglio, non può che essere, variabile a seconda della situazione.
Quante volte nella Vita vorremmo andare in una direzione ma, accorgendoci che la massa in quel momento va da un'altra parte, assecondiamo la corrente?
E se invece di assecondarla l'affrontassimo controcorrente, riusciremmo ad arrivare alla meta o lo stesso procedere sarebbe una lotta impari che presto porterebbe ad un nostro naufragio?
E' sempre giusto e saggio andare controcorrente o a volte è più salutare, in una certa fase, seguire la corrente?
Ed infine, rapportandosi con l'orgoglio che c'è in noi, è più giusto mediare od è più giusto fare in modo che tale orgoglio possa in ogni caso cercare di prevalere?
Quante domande che mi sono posto, rivolto meditabondo alla pianura briantea, all'imbrunire di una anonima e fredda giornata collocata tra le feste comandate di inizio anno, sono per l'ennesima volta cadute nel vento teso che sfiorava la collina.
L'esercizio del silenzio era più vicino di quanto pensassi, ed ora che lo sto affrontando il rimbombo e l'eco di quelle domande che ondeggiano sulla pianura si fa ancora più ridondante ed insopportabile.
Ad meliora!
(nella mia foto di oggi, tramonto invernale da Montevecchia)

sabato 1 gennaio 2011

Son finite le medaglie

L'anno è appena iniziato, buon anno a tutti!
E già viaggio in ritardo. Eccomi infatti qui a scrivere il post dedicato al bilancio del 2010 alla sera del primo giorno del 2011... Ma forse avere atteso la chiusura effettiva dell'anno mi consente di guardare il 2010 in modo più completo.
Mi sono reso conto solo oggi che stanotte non ho fatto un mio particolare rito legato al Capodanno: non mi sono fermato ad osservare le faville nella brace di un camino, cosa che ho sempre fatto. Ad una certa ora, mi estraniavo e mi mettevo da solo per qualche minuto ad osservare la brace di un fuoco ripensando all'anno passato, alle sue cose positive ed alle sue cose negative: e per qualche secondo gli occhi si velavano di lacrime.
Ma stanotte non l'ho fatto. Chissà perchè... Strano...
Quel senso di bilancio mi ha però un pò pervaso oggi. Vorrei davvero sentirmi più leggero quest'anno, vorrei essere più ottimista, vorrei lasciare i cattivi pensieri prima che mi rendano grigio.
Devo ritrovare la leggerezza e la voglia del fare. Non mi sono mai fermato, sono sempre stato colui che "tira la carretta"... Il 2011 deve essere un anno leggero, un anno più saggio, un anno durante il quale gestire meglio quel cavallo imbizzarrito che si chiama "Ego" e che scalpita sempre nel mio animo. Devo riuscire ad abbandonare il campo della contesa senza avere la pretesa di avere l'ultima parola, ma con la leggerezza di avere la certezza che quando si ha ragione, la Verità prima o poi viene a galla. Basta avere la pazienza di attendere. Sulla riva del fiume, nel mio stile...
E quando invece si ha torto, è meglio tacere: cercare di avere sempre ragione diventa un'azione estremamente stucchevole.
La candela della foto di stasera è per il ricordo di due persone che nel 2010 sono "andate avanti". Due persone diverse, ma che avevano nella testardaggine positiva il loro carattere distintivo.
Mi riferisco a mia nonna materna Silvia ed a Pierangelo Limonta di Montevecchia.
Mia nonna era una grande: riusciva sempre ad affrontare tutto con un sorriso beffardo. E così ha fatto fino all'ultimo, alla soglia dei novant'anni. Quando il suo nipote di tanto in tanto gli decantava le sue "magnificenti imprese" o presunte tali, lei ascoltava e alla fine sentenziava in dialetto brianzolo (mi si perdoni la trascrizione sicuramente non corretta): "desmetela de riuva prem, che ghe ne poo de medaj..." (ovvero: "smettila di arrivare primo che non ce ne sono più di medaglie"). Era un suo pensiero tanto schietto e sincero che vivevo ogni volta come un bagno di umiltà: grazie nonna!
Pier invece era un grande affabulatore positivo. Floricoltore da una Vita, aveva dedicato a sua madre quel "Giardino di Eva" che ha attiraro tante persone, presso la piazzetta di Montevecchia alta, Brianza pura. Lui era sempre lì, a mantenere i suoi fiori ("me custen pusè de la dona..." ovvero "mi costano più della moglie" amava dire, ad indicare che i fiori erano la sua scelta di Vita, visto che non aveva costruito una famiglia), a ricercare nuove varietà, a portare meraviglia a chi varcava il cancello in legno. La piazzetta senza Pier non è più la stessa cosa, ed i suoi fiori senza di lui sono meno colorati...
Riposate in Pace, e grazie di essere esistiti...
(nella mia foto di oggi: candela a Cascina Scarpata di Perego)