martedì 6 gennaio 2009

Il profumo della neve


Saper percepire il profumo della neve vuol dire applicare la teoria dell'aspettazione del piacere del buon Giacomo Leopardi. Ieri sera ero da amici e quando sono uscito sul far della mezzanotte l'ho sentito nell'aria. Soffiava un vento da Nord e portava il profumo della neve. Poco dopo qualche fiocco è volteggiato in cielo, mentre percorrevo la strada nera di casa attorniato da distese bianche della neve di Capodanno. Ma la neve è arrivata copiosa solo più tardi, mentre in tanti dormivano: e oggi sono stati sorpresi dal bianco splendore. Ricordo quando ero piccolo che al mattino in cui sospettavo neve stavo più attendo, prima di alzarmi, ai segnali che con la vista e l'udito potevo avere anche nel letto circa il fatto se fosse nevicato o meno. La luce, innanzitutto: la notte di neve è luminosa, così come il giorno, seppur coperto, lo è. E poi il rumore delle auto: se era piovuto lo sentivo, quando invece nevica non si sente nulla: tutto è ovattato, il silenzio impera. Una sana nevicata ogni tanto ci vuole: ci riporta ai tempi che abbiamo persi, più consoni alla nostra Vita. E meno di corsa. E poi la neve stimola al dialogo coi vicini, in strada, mentre la si spala. Sono tante piccole sensazioni sulla neve, su quanto ci porta. Nella sua manifestazione.
Tornando al profumo della neve, potremmo disquisire su quante volte dovremmo essere capaci di percepire il profumo di un qualcosa ancor prima che lo stesso evento sia manifesto. Un pò quello che ragionavo ieri parlando del visibile o del non visibile. Ma questa è un'altra storia, su cui mi devo applicare in questo inizio 2009.
Un ultimo pensiero sulla immagine di oggi, che non è mia. In Brianza è tipico trovare delle cascine fortificate sulla cima dei numerosi colli. Ieri ci siamo dedicati al Castello di Crippa che giocava a nascondino con la nebbia, oggi ci spostiamo di poco e ci dedichiamo a quello del Buonmartino a Olgiate Molgora, ammantato di neve. Nel suo mistero è pura poesia. Gli ho tolto il colore perchè con il pensiero voglio viverla come se fosse una immagine di secoli fa: del resto, anche grazie alla neve, non abbiamo elementi che ci riportano ai giorni nostri. Oggi voglio perdermi nel tempo che fu...
(nella foto di Isabella Lavelli di oggi: il Buonmartino a Olgiate Molgora, ammantato di neve)

lunedì 5 gennaio 2009

Tra il visibile ed il non visibile


L'altro giorno a Sirtori mi ha catturato lo sguardo il gioco che la nebbia faceva con il Castello di Crippa. Era una terra di mezzo tra l'azzurro del cielo ed il grigio della pianura coperta dalla nebbia. Mi sono fermato qualche minuto ad osservare lo spettacolo che ho cercato di fermare nella immagine che riporto qui sopra.
La nebbia velava Crippa e poi la svelava. Un continuo gioco tra ciò che è visibile e ciò che non è visibile. Nel quotidiano succede spesso, ed in tempi anche più rapidi: soprattutto nei rapporti interpersonali. Il pensiero porta talune considerazioni, la percezione talune altre. L'istinto porta in alcuni lidi, la razionalità in altri. L'importante è fare in modo che la mente lavori sempre, sapendo discernere ciò che è appena visibile da ciò che ancora non lo è. E vedendo ciò che sarà visibile, prima ancora che lo sia, scrutando il non visibile. Sipario di nebbia nel pensiero...
(nella mia foto di oggi: Sirtori, Castello di Crippa tra nebbia e azzurro)

sabato 3 gennaio 2009

Montagne di ghiaccio. Nell'azzurro.


Qui sopra vedete delle montagne di ghiaccio. Nell'azzurro. Azzurro del cielo, che si riverbera sulla neve. Ma anche l'acqua è azzurra come l'aria. E' un azzurro unico, ghiaccio e acqua, cielo e aria. Non ho mai vissuto la montagna in inverno. Non scio e mi son sempre guardato dall'affrontare escursioni sul ghiaccio d'inverno, anche se dovrei scoprire la poesia di una ciaspolata nella neve fresca, magari al chiaro di luna. Ora è la dimensione notturna che mi manca, dopo che oggi mi sono nutrito di quella diurna, con tante piccole percezioni da incasellare: il rumore della neve farinosa sotto le scarpe, il freddo intenso che ti gela le narici, i muri di neve, le candele di ghiaccio, la montagna lontana che s'accende dell'arancio del sole al tramonto mentre la valle cade già nell'ombra: un ennesimo contrasto come il bianco ed il nero. Ho sempre vissuto la montagna smeraldina d'estate, ed oggi l'ho vissuta d'inverno. Tutto è uniforme, il silenzio è ovattato, i torrenti spesso immobili. Le foglie non esistono, gli alberi sono così diversi. Il mio occhio oggi è riuscito a trovare meraviglia anche in alcuni frutteti di meli in Valtellina: filari spogli di legno contorto nel bianco della neve. In Brianza la stessa immagine l'ho ritrovata nel carpino lungo la strada della Valfredda, a Montevecchia. E la galaverna è stato il sottile filo rosso tra la collina e la montagna oggi. Giornata di contrasti per l'occhio, di domande per la mente, e di ricordi per il cuore: forse perchè se anche avessi lanciato una domanda con un urlo nella valle, a differenza dell'estate, oggi non si sarebbe nemmeno sentito l'eco. Sarebbe rimasto prigioniero della neve: così maestosa, così immensa, così terribile: "Santa Maria, Signora della neve, copri col bianco, soffice mantello: il nostro amico, il nostro fratello. Su nel paradiso, lascialo andare, per le Tue montagne" (Signore delle Cime, Bepi de Marzi - clicca qui per ascoltarne una versione: http://www.coromarmolada.it/signore.htm).
Dedicato a Daniele Chiappa "Ciapin" e a tutti i miei amici che dalla montagna non son più tornati.
(nella mia foto di oggi: paesaggio invernale al Passo del Foscagno)

venerdì 2 gennaio 2009

Orione, il signore dell'inverno


"Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi o sciogliere i vincoli di Orione? Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?" (Libro di Giobbe, capitolo 38, 31-32). Il legame tra l'uomo e le stelle è infinitamente infinito. Già la Bibbia, nei versetti qui richiamati, ne decanta la magnificenza. Le Sacre Scritture citano in questo passaggio quattro grandi protagonisti del cielo: le Plèiadi, ammasso di stelle di intenso candore; l'Orsa, non precisata se quella Maggiore o quella Minore, una delle quali ha nella stella polare la bussola naturale che ha guidato tanti naviganti dai tempi che furono; la stella del mattino, che dovrebbe essere Venere (anche se è un pianeta); ed infine, non lasciato casualmente per ultimo, Orione: il signore dell'inverno. Credo che non occorra essere astronomi od astrofili per riconoscere questa magnifica costellazione nei cieli stellati e gelidi dell'inverno. La si vede, oserei dire, anche ad occhi chiusi: così eterea, così grande, così perfetta. Per me l'inverno non è tale se non vedo Orione. Quando osservo il cielo nelle notti d'inverno ne cerco la forma come una specie di mantello cosmico di protezione. E' per me una sorta di stella polare. Alcune cose ci si legano senza motivo con un legame che poi non ha invece motivo di cessare. Una di queste è per me Orione. Ricordo quella costellazione osservata in tante notti diverse, con stati d'animo diversi. Ancora oggi, poco fa, l'ho cercata con lo sguardo. Ma oggi c'è nebbia qui al piano, e la galaverna rende ancora più scheletrici gli alberi spogli, cristallizzando la neve in un banco di marmo bianco. Che neanche il vento scolpirà... Ma presto, molto presto, nuova neve fresca restituirà poesia al paesaggio. E dopo la nuova nevicata, alla prima notte serena, Orione ricomparirà tremolante a contendere la scena celeste alla Luna.
(nella foto di oggi tratta dal web: la costellazione di Orione)

giovedì 1 gennaio 2009

Sotto la neve pane... Un auspicio di inizio 2009


"Sotto la neve pane..." La notte che ha separato e unito il 2008 al 2009 è trascorsa veloce ovattata dalla ennesima nevicata. Anche i botti di mezzanotte non si sono quasi sentiti, quasi come se i festeggiamenti fossero in tono minore. E lo saranno forse anche stati. Colgo questo in questi giorni. Colgo che tanti hanno festeggiato magari anche solo un pochetto perchè a Natale e Capodanno non si può non festeggiare, ma spesso e volentieri ci si trova a far qualcosa non perchè si vuole o si crede ma perchè si deve. Nel mio stile è ciò che ho sempre cercato di non fare, a volte rendendomi poco diplomatico (sic!): non mi piace vestire maschere e già la Vita quotidiana ci costringe a relegare il nostro Essere veri in un angolino del nostro cuore, quello più recondito la cui vista non è riservata ai più, ma ai pochi eletti che magari riescono a cogliere la luce di quel riverbero in uno sguardo, in un modo di porsi. "Sotto la neve pane..." Ritorno alla prima frase della prima riga del primo post del primo giorno del primo mese di questo anno 2009. Ovviamente, restando in tema di pane, non è farina del mio sacco, ma è un detto popolare molto diffuso e vero. L'ho richiamato perchè l'alba di questo primo giorno dell'anno nuovo (e non nuovo anno, si veda l'ultimo post del vecchio anno, e non anno vecchio) così ammantata di neve, aveva la poesia della Pace, aveva la poesia del candore: la neve rende tutto uguale, strade, prati, tetti, alberi, case, auto: tutto ammanta di bianco, nasconde il brutto e tutto rende dolce. Ecco l'auspicio di questo inizio d'anno nuovo: che sia un anno prima di tutto dolce, ma anche un anno ardito, un anno costruttivo, un anno da vivere. Io ci proverò. E se ci proveremo tutti potrà essere un anno migliore di quello che abbiamo lasciato alle spalle. Perchè la mia cara maestra unica delle scuole elementari (eh sì, ai tempi delle mie scuole elementari mi sembra ci fosse la maestra unica o sarà un caso che me ne ricordo ancora solo una) diceva che "un soldato da solo non fa la guerra" e forse bisognerebbe aggiungere che anche la Pace ed il Bello non si possono fare da soli.
Intanto l'imbrunire di questo primo giorno ha ceduto il posto al buio della notte, e una nebbia gelida ha avvolto questo angolo di Brianza...
(nella mia foto di oggi: alba nevosa sul borgo di Pagnano, in lontananza Montevecchia)