venerdì 12 dicembre 2008

Lo scalogno di Pianetta


L'immagine qui sopra riporta una riproduzione dell'incipit di "Carlambrogio da Montevecchia" di Cesare Cantù, edito nel 1857. Rappresenta una descrizione di Montevecchia a quel tempo. Qualche anno dopo la situazione non cambia, come leggiamo su "Sette giorni a Merate" di Rusticus, edito nel 1896: "ogni sorta di frutta, specialmente i fichi, molte qualità di verdure, in modo particolare il pomodoro, perfino l'erba salvia, il rosmarino, il finocchio sono portati da questi contadini ai varii mercati, venduti ai grossisti, ai privati, a tutti". Come vedete lo stile è lo stesso, ed anche la situazione di Montevecchia, collina delle meraviglie, è simile. Questo vuole essere il primo di tanti post che voglio dedicare alla mia Terra: mi considero fiero di abitare all'ombra di Montevecchia, che per ogni brianzolo del meratese rappresenta ancora oggi una specie di "faro".
Oggi voglio raccontarvi una storia, una piccola grande storia. E' la storia di Giancarlo e Albertina che hanno ritrovato una verdura locale che era andata praticamente persa e che, anche in modo fortuito, è stata nuovamente coltivata e si può ancora oggi assaporare: lo "scalogno di Pianetta". Credo sia una storia molto semplice ma ricca di significato, che dedico a tutti coloro, e so che sono tanti, che stanno cercando di ritrovare le radici della nostra agricoltura, che ha sempre fornito le migliori primizie alla città di Milano.
La storia dello scalogno prende origine da un libro simile a quelli che ho citato sopra, che Giancarlo aveva letto qualche tempo fa. Si parlava di un misterioso "aglio-cipolla" che veniva diffusamente coltivato nella zona di Montevecchia. La notizia ha incuriosito Giancarlo che ha iniziato le ricerche di cascina in cascina, di vecchio in vecchio: tutti ricordavano qualcosa ma nessuno coltivava ancora questa verdura, che sembrava quindi estinta. Ma Giancarlo non si è perso d'animo ed ha iniziato a percorrere i terrazzamenti coltivati e abbandonati di Montevecchia con Albertina. Un certo giorno, non lontano da casa, a Cascina Pianetta VI di Missaglia, si è imbattuto in uno strano cespuglio cipollino, odoroso. Lo ha osservato, lo ha tenuto sotto controllo durante la stagione vegetativa, e quando è stato il momento lo ha raccolto con molta attenzione. Ne ha riprodotto i bulbi e non senza meraviglia si è accorto che si trattava del cosidetto "aglio-cipolla" citato nel Settecento: è così rinato lo "scalogno di Pianetta". Ora Giancarlo e Albertina lo coltivano da anni e ne fanno anche una splendida conserva in agrodolce che è notevole: e che si assapora ancora di più sapendo come è nata.
Ampliamo la ricerca, se qualcuno ricorda qualche prodotto agricolo del nostro territorio oggi scomparso risponda a questo post. Grazie!

giovedì 11 dicembre 2008

Perchè esiste l'inverno...


Da alcuni giorni l'inverno è iniziato a pieno titolo. La neve è tornata a comparire sulle nostre colline di Brianza come non la si vedeva da tempo, ed il paesaggio è pienamente autunnale. Sto scoprendo che però tanti non lo amano, l'inverno. Io lo adoro. Non solo per la neve, che ha il potere di rendere poesia anche una periferia metropolitana e trasforma la campagna in un quadro vivente. Penso sempre alle parole dei nostri vecchi, così intessute del legame che avevano con la dolce amara Terra. L'annata agraria è iniziata a San Martino e la prima stagione che incontra è l'inverno. Un inverno rigido e nevoso rende più regolari anche le stagioni che lo seguono. "Sotto la neve pane..." recita il noto proverbio. E sotto la neve infatti è garantito un ottimo frumento. Un inverno freddo poi attua la necessaria selezione degli insetti che poi d'estate renderanno meno lieta la stagione calda apportando, oltre che fastidio, seri danni ai prodotti della Terra e agli alberi. Insomma, un inverno normale, che è un raro evento ormai confinato alle immagini del famoso film "L'albero degli zoccoli", è garanzia di un anno normale. Per questo la stagione più fredda non andrebbe bistrattata. Ampliando il discorso occorrerebbe inoltre pensare alla percezione delle altre stagioni, che è direttamente legata all'inverno. Se non ci fosse la stagione fredda, la primavera ci sembrerebbe meno colorata e profumata e i primi tepori non verrebbero colti come la ripresa della Natura. "L'inverno è per la Natura come il sonno per l'Uomo" diceva il buon Giancarlo venerdì alla serata sulle erbe officinali. E' vero, d'inverno gli alberi dormono per recuperare le energie che esploderanno in primavera, come noi facciamo ogni notte. E come noi se non dormissimo impazziremmo, lo stesso farebbe la Natura se non vivesse l'inverno. Insomma, ripensiamo all'inverno in un modo più positivo. E se nel nostro vivere quotidiano sentiamo la nostra Vita, intessuta di rapporti con gli altri, stretta nella morsa del gelo invernale, pensiamo che quando giungerà la primavera la sapremo apprezzare e vivere ancora di più. P.S. Visto che ho parlato dell'inverno e nel mio profilo c'era ancora la foto con le spighe, ho adeguato l'immagine alla stagione :-)
(nella mia foto di oggi: Perego, cipresso nella neve)

domenica 7 dicembre 2008

Frammento d'imbrunire

Stasera voglio aggiungere un elemento in più alle mie parole scritte, l'elemento immagine. Amo la fotografia. Ho sempre con me la fotocamera perchè è uno strumento eccezionale. Come nella mente in un frammento di secondo può eternarsi una sensazione, un profumo, una immagine, allo stesso modo la fotografia è un'opera d'arte multiforme. Ciò che viene immortalato (ovvero "reso immortale") viene infatti prima percepito dagli occhi, poi ragionato dalla mente, quindi metabolizzato dal cuore e infine, grazie alla fotografia, possiamo dare forma ad una opera che può regalare ad altri le emozioni che ha generato dentro di noi, eternando quel frammento anche per chi lo ha scattato: altrimenti resterebbe nel solo ricordo della nostra mente, con la tendenza ad ingiallire nel tempo.
La fotografia che posto stasera l'ho scattata oggi all'imbrunire, tra Cereda di Perego e Monte di Rovagnate. E' visibile la magica congiunzione di Giove con Venere, appena sopra al crinale del sentiero dei cipressi. Luoghi a me tanto cari, che conservano una sorta di metafisica in cui l'Essere pervade ogni dove della valle... Il cielo era terso, le prime stelle brillavano, le montagne in lontananza erano innevate: ed una brezza tesa e gelida scivolava dal crinale...

sabato 6 dicembre 2008

Storie di Terra. Oltre il visibile.

Ho recentemente tenuto quattro serate a Sirtori, organizzate dal Comune e dagli Alpini, sui prodotti agricoli di Sirtori e della collina di Montevecchia e del relativo Parco. S'intitolava "I Sapori del Parco", nell'alveo tracciato da una analoga iniziativa (forse più di massa...) che avevo organizzato negli anni scorsi per il Parco Regionale di Montevecchia e Valle del Curone. Ho sempre avuto la passione di conoscere il più possibile le tradizioni e i prodotti della mia Terra, a cui sono molto legato. Devo dire che le quattro serate sono state davvero fantastiche. La gente che è intervenuta era davvero molto interessata agli argomenti ed i produttori agricoli o gli artigiani alimentari presenti sono stati splendidi. Si è aperta una sorta di finestra sulla Terra, oltre il visibile. Nelle storie di tanti prodotti e nelle tante storie di Vita di chi produce si sono ritrovate sensazioni ed impressioni che la Vita quotidiana tende a sfumare. Ogni prodotto ha dietro una storia, che parte dalla Terra e continua in un rapporto tra Terra, uomo e animali. Madre Terra, mi verrebbe da dire... Sarà anche stato l'ambiente molto familiare come può solo essere una baita degli Alpini (se non ci fossero, bisognerebbe inventarli) con il camino acceso ma davvero si sono vissuti momenti particolari. Iniziando dalla storia del latte, di capra e di mucca, e i relativi formaggi; proseguendo con i vini, somma manifestazione dell'Essenza della Terra: "Il vino è la poesia della Terra", scriveva Mario Soldati. E poi il miele, prodotto del nettare e delle api, silenziose lavoratrici che sono purtroppo decimate da pesticidi usati soprattutto per il mais; i dolci, che hanno nel lievito madre, tramandato di padre in figlio, il loro cuore; le erbe aromatiche ed officinali, prodotti della Natura con proprietà benefiche spesso sottostimate e non conosciute compiutamente. Sentendo queste storie, ritorna il senso della misura, il senso dell'Amore della Terra, il senso che "ogni cosa ha il suo tempo, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo" (Qoelet). Grazie a tutti voi: Maurizio, Samuele, Raffaele (formaggi), Claudia e Mario (vini), Elio e Antonio (miele), Emanuele (dolci), Giancarlo e Albertina (le erbe aromatiche ed officinali). Grazie a tutti quelli che hanno condiviso questo viaggio, che avrà una nuova parentesi nella prossima primavera. Grazie a tutti voi, quando coltiverò la mia piccola vigna mi sentirò meno solo... Forse farò qualche post anche su queste storie. Meditiamo ed agiamo.

mercoledì 3 dicembre 2008

La quiete dopo la tempesta

E' il tempo della quiete dopo la tempesta. Il vento impetuoso che ululava dieci giorni fa ha mostrato il cielo invernale in tutto il suo splendore. La morsa del freddo si è fatta sentire e lievi fiocchi di neve, tanto attesi, hanno imbiancato le foglie ancora gialle. L'inverno si è fatto vivo, l'autunno si è congedato. Il fanciullino che c'è in me segue gli andamenti stagionali più del mio essere razionale. E' tempo di giocarsi fino in fondo, è tempo di ricalibrare le attenzioni. E' tempo di vivere nell'essere razionale. E' tempo di vivere nell'essere istintivo. E' il tempo che ognuno dovrebbe riuscire a concedere a sé stesso: si vive una volta sola, ed ogni momento non vissuto fino in fondo è un momento che domani potremmo rimpiangere. Insomma, "vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere, dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire... (Tiromancino, imparare dal vento)".