mercoledì 31 dicembre 2008

Buon Anno. E che sia un anno nuovo...


Buon Anno 2009 a tutti, di cuore. In queste poche ore che mancano alla fine del 2008 ("anno bisesto, anno funesto", nella miglior tradizione) è facile, mentre fuori nevica, farsi prendere dalla malinconia di ricordare belle sensazioni vissute in questo anno oppure farsi angosciare dal ricordo di brutte sensazioni vissute. Bisogna avere il coraggio di fare un bel pacchetto, metterlo preciso preciso nella bisaccia del 2008 e chiuderla. Ciò che viviamo diventa parte di noi ed in qualche modo ci tempra, ci migliora. Sia che viviamo cose belle che cose brutte. La Vita è vivere e tra l'odio e l'amore è più devastante l'indifferenza: che è il non vivere. Non è stato un anno facile, ma l'augurio è che il 2009 sia davvero non tanto un nuovo anno, ma un anno nuovo: perchè a volte non è vero che invertendo l'ordine dei fattori il risultato non cambia. Come in questo caso. Per quanto mi riguarda stasera cercherò con lo sguardo come ogni anno, poco dopo la mezzanotte, la brace di un falò o di un camino e ne seguirò le feripole, ritrovando in esse tutti gli attimi di vita vissuta del 2008: ad meliora !
(nella foto di oggi tratta da www.corriere.it: fuochi di Capodanno a Kap Arkona, in Germania. L'immagine mi piace molto perchè è così irreale, quasi fiabesca, e reale allo stesso tempo)

domenica 28 dicembre 2008

In siretina, tra ul ciar e ul fosch


Nella scansione dei momenti della giornata il brianzolo così battezza l'imbrunire: "In siretina, tra ul ciar e ul fosch" (letteralmente: quando è piccola sera, tra la luce del giorno e il buio della notte). La "siretina" pertanto si colloca appena dopo quel momento in cui il sole scende oltre l'orizzonte: i colori con toni fosforescenti si fanno ancora più vivi e le luci si accendono pian pianino qua e là. La "siretina" credo sia il momento più bello della giornata, forse dolce d'estate e più rigida d'inverno. E' l'ora in cui le cornacchie gracchiando sinistramente vanno "a mason" (a dormire), è l'ora in cui la Natura si prepara alla notte. E' l'ora nella quale nei piccoli duelli rusticani di Brianza la minaccia si fa più viva (da cui il detto "se al ciapi in siretina..." - se lo prendo all'imbrunire...). L'espressione "tra ul ciar e ul fosch" mi piace molto nel nostro dialetto sempre più in disuso (anzi, chiedo già pubblica venia per le sicure imprecisioni nel modo di scriverlo, ma mi basterebbe aver dato l'idea...).
Ed ora un piccolo racconto ambientato "in siretina". Quella sera Carletto rientrava a piedi da Galbusera Nera "in siretina", come ogni giorno, lungo i sentieri che attraversano la valle salendo verso Monte. Il passo sicuro come quello di un uomo che percorreva quei sentieri da una Vita intera di notte e di giorno, in tasca il classico "rampinet" che fa di un uomo il vero contadino brianzolo. Il "rampinet" in italiano può forse essere definito come una "piccola roncola tascabile" e chi vive e lavora in campagna lo ha sempre in tasca per innumerevoli usi: va bene per pulire la verdura nell'orto, per cimare eventuali rovi o rami che interrompono i sentieri, per pulirsi le scarpe o gli stivali dal fango, e perchè no, per una prima sommaria difesa da eventuali aggressioni di animali 0 uomini, soprattutto a scopo intimidatorio. Carletto proseguiva con il passo sicuro ed aveva appena scollinato il sentiero dei cipressi, iniziando la discesa verso Monte: ormai la "siretina" aveva ceduto il posto al primo buio della notte. Tutto d'un tratto Carletto si trova davanti un teschio illuminato da una lampadina elettrica e posto su un bastone che minacciosamente si pretendeva da una siepe verso di lui con strani rantoli. "Porcu dighel" esclama Carletto arretrando spaventato e portando verso il teschio il "rampinet". In quel momento il teschio viene lasciato cadere a terra e dal cespuglio saltano fuori alcuni amici sorridenti per lo scherzo riuscito... Ecco cosa può succedere "in siretina" in Brianza: l'ho sempre detto che son nostalgico di qualche anno fa perchè bastava davvero poco per divertirsi. Anche "in siretina". Posso però considerarmi fortunato; questo è un racconto che mi ha detto direttamente Carletto: ora anche lui, come dicono gli Alpini, è andato avanti.
(nella mia foto di oggi: il santuario di Montevecchia "in siretina")

venerdì 26 dicembre 2008

Tramonto gelido di Brianza. Dopo la bufera.


E' arrivata con il buio. Di colpo, come il terremoto che ha scosso le case solo un paio di giorni fa. Chissà perchè prima di manifestazioni incredibili la Natura ci coccola in uno scenario d'irreale calma. Quale ieri sera. Calma di vento. Calma la temperatura, che non saliva nè scendeva. Calma la pressione, immobile. Calma l'umidità, come un funambolo sul filo. Tutto ciò che ci consente di percepire il clima era immobile. Lo stesso effetto lo avevo percepito prima di un violento temporale estivo notturno. Qualcosa era nell'aria e infatti...
In un batter di ciglio inizia a piovere, e poi con fragore il vento dell'Est si abbatte sulle imposte che tremano, il moccolo di Natale che ancora illuminava il balcone viene spento e non si forma neanche il filo di fumo di quando una candela si spegne, la temperatura precipita, l'umidità aumenta, la pressione s'impenna. E' l'aria fredda dell'Est che bussa alle porte della Brianza. Ora il vento fischia e la pioggia orizzontale si trasforma in palline di ghiaccio. Come spesso accade nella Vita dopo la foga iniziale arriva la calma, ora la pioggia gelata ha ceduto il posto ai fiocchi che orizzontali danzano nel vento, creando turbinii incredibili attorno ai lampioni. Sembra l'inverno di Antonio Vivaldi, primo movimento. La terra si fa bianca, il vento di tanto in tanto ulula di nuovo, la temperatura si avvicina allo zero. E' notte.
Poi l'alba s'accompagna al cielo azzurro e terso. I cristalli di ghiaccio sfavillano al sole. Ed il loro sfavillare è l'inizio della loro fine, il sole li scioglie rapidamente. All'ombra la neve resiste e si illumina dell'azzurro del cielo, che verso sera tende al blu, al senso di ghiaccio, al senso di freddo. Antonio Vivaldi, l'inverno, secondo movimento. Cerco il dolce suono del clavicembalo nel tramonto, ma dev'essere un tramonto su una zona che ha avuto ombra per il giorno: cerco il blu della neve che riflette il cielo e l'arancio del sole che va a riposare. Ciò che cerco l'ho trovato a Perego, nella conca di Bernaga: aspetto il momento propizio picchiando i piedi per terra per sentir meno il gelo: ci vorrebbe del vin brulè... Ma ecco lo scatto che eterna l'attimo, mentre il vapore acqueo del mio respiro si dissolve verso l'alto. E' un tramonto gelido di Brianza. Dopo la bufera. E oltre l'orizzonte la Brianza pulsa di nuovo...
(nella mia foto di oggi: tramonto a Bernaga di Perego)

mercoledì 24 dicembre 2008

Buon Natale. Di cuore...


"It must have been love, but it’s over now" (Roxette, It must have been love). Buon Natale a tutti. Di cuore. Il periodo tra Natale e Capodanno è per me un periodo intenso, spesso nostalgico e triste. E' il momento in cui gli impegni quotidiani si fanno più radi e quindi il Tempo ti consente di pensare. Il "non pensare" è spesso e volentieri una forma di difesa: e allora si rincorrono gli impegni quotidiani e si trova la realizzazione di noi stessi nella sola buona riuscita dei tanti appuntamenti che costellano una giornata. Poi quando gli impegni si fanno radi, come a Natale, si cerca dell'altro, e forse troppo spesso ci si trova con la sabbia tra le mani, che scorre, lasciandoci le mani vuote. Stasera la nostalgia mi ha portato a riascoltare un pò di canzoni degli anni ottanta, gli anni della mia adolescenza: come quella dei Roxette che ho citato in apertura di post e che mi sono sentito negli ultimi mesi addosso, quando ti rendi conto di ciò che hai vissuto ma anche che ormai è tardi ("it's over now") Ogni volta che sento delle canzoni degli anni ottanta mi sembra di rivivere quella età, così dolce, da contrapporre alla durezza del quotidiano di quando ti trovi tra i trenta e i quaranta anni e sai che una certa impostazione alla tua Vita l'hai già data, non come quando sei adolescente che tutto è più elastico e la Vita la devi ancora impostare. Ma "per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo". Questa pagina di Qoelet è per me bellissima e fonte di grande consolazione anche quando mi trovo un pò in crisi: è il mio regalo di Natale per tutti quelli che mi conoscono o che leggono questo blog senza conoscermi di persona, il mio augurio è che ognuno nel leggerla ci trovi il senso della Vita. E lo trovi nel fuoco del camino riportato in questo post: un focolare in cui riporre gli affetti più vicini. Un abbraccio! Qoelet, capitolo 3: "Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace".
(nella mia foto di oggi: il camino di Galbusera Nera)

lunedì 22 dicembre 2008

Varigotti. Inverno.


"Certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei..." (Luciano Ligabue, Certe Notti). Oggi mi è successa una cosa simile. Stavo guidando in Tangenziale Est assorto nei miei quotidiani pensieri e ad un certo punto, guardando il sole all'orizzonte, mi è venuto un moto d'istinto immediatamente frenato dalla razionalità del momento: avrei voluto guidare lungo tutta la tangenziale, poi in autostrada verso l'Oltrepò e verso Genova, arrivare al mare, alla Riviera di Ponente e posare il mio volo sul molo di Varigotti. D'inverno. Stare su quel molo dove ci sono stato solo nelle sere d'estate ascoltando i flutti sugli scogli, starci in pieno giorno pochi giorni prima di Natale, seduto a uovo, rannicchiato, facendo perdere lo sguardo oltre l'orizzonte. E' proprio vero che certi luoghi non li sai affrontare con lo spirito giusto quando li conosci per la prima volta, e solo dopo li capisci. Comprendi tante situazioni dopo una lunga elaborazione della mente, dopo lunghi mesi, dopo che le stagioni hanno fatto il loro corso magari non solo una volta, ma anche due. Oggi la mia mente era a Varigotti, senza se e senza ma, è volata lì in un batter di ciglio come un gabbiano ed il mio pensiero stasera si è materializzato in questo foto del molo al tramonto che apre questo post. Credo che su quel molo ci sia un frammento di me, abbandonato da mesi, come un ciondolo caduto. Credo che di questi ciondoli virtuali ne abbia diversi sparsi per l'Italia e non solo: a Lecco, in Valsassina, in Valfurva, nelle campagne toscane e umbre, a Parigi, in Costa Smeralda, ad Alassio, di fronte a Bergeggi, sull'Isola del Giglio, a Varenna, a Bellagio. L'ultimo ciondolo però l'ho perso sul molo di Varigotti: forse devo iniziare a cercare questo per primo, e ciondolo dopo ciondolo ricostruire una collana con la quale chiudere il cerchio. E a Varigotti dico: scusami se ci ho messo tanto a capire la tua magia. "Sarai quello che non lascia respirare, sarai quello che indelebile rimane" (Silvia Salemi, Ormai)
(nella foto di oggi tratta da "Panoramio" di "Formefil": il molo di Varigotti al tramonto)

sabato 20 dicembre 2008

Il Tempo della "Meditatio"


In un post di qualche tempo fa avevo già scritto che alla base di ogni nostro gesto dovrebbe esserci un minimo ragionamento effettuato con un certo schema mentale. Uno schema abbastanza stringato ma chiarissimo, da gestire in pochi secondi, ore, giornate o settimane a seconda dell'importanza della posta in palio o della disponibilità di Tempo che ci può separare dall'agire. Lo schema è quello legato alla semplicissima sequenza "Lectio - Meditatio - Actio" che quindi va esplicitata in questo schema: capire un fatto, un evento, una sensazione (Lectio), comprenderne il significato ed elaborare una risposta logica o illogica (Meditatio) e infine agire sulla base dei due passaggi precedenti (Actio). Purtroppo non sempre riusciamo ad avvicinarsi ad ogni situazione che la Vita quotidianamente ci pone con il necessario "distacco" che ci consente di affrontare i passaggi di cui sopra. A volte ci sembra più giusto agire senza pensare, a volte pensiamo senza agire, a volte agiamo senza capire, a volte capiamo e non agiamo... Per esempio un fuoco d'artificio è progettato e preparato per fare un certo gioco di luci: ma ogni lancio dello stesso fuoco d'artificio crea un effetto diverso, a seconda della situazione, del clima, del vento, della direzione che prende il lancio stesso. Allo stesso modo ogni nostra decisione può cambiare a seconda del contesto e gli effetti di una nostra identica decisione sono differenti a seconda della situazione... Ora per me è il Tempo della "Meditatio"...
(nella mia foto di oggi: fuochi d'artificio a Monte di Rovagnate)

martedì 16 dicembre 2008

I cinque sensi

E' incredibile come a volte taluni luoghi riescano a generare dentro di noi delle sensazioni che sembravano sopite ed invece in un attimo si rianimano, senza spiegazione logica. Credo che lo stesso effetto dato dai luoghi possa essere generato in generale da qualcosa legato ai cinque sensi. Pensiamoci un attimo: la stessa sensazione che ci viene data da un certo luogo (la vista) può esserci data da un profumo (l'olfatto), da una musica od una canzone (l'udito), da un particolare vino o cibo legato ad un momento particolare (il gusto) e infine da un contatto, un abbraccio, una stretta di mano (il tatto). Stasera mi sono trovato, mio malgrado, in un luogo in cui non passavo da tempo (e non a caso... per l'appunto) ed uno dei miei cinque sensi (la vista) è stato stimolato dalle immagini di quel luogo ed ha generato in me delle emozioni e sensazioni di un certo tipo, che erano racchiuse nel mio cuore. Il tempo è la giusta medicina, si dice, ed io stasera ho capito che ne ho bisogno ancora un pochetto. Tutto non ha una spiegazione logica, me ne rendo conto, e rappresenta quindi uno di quei "locus desperatus" di un utilizzo del raziocinio che non sempre riesce a spiegare tutto: ma questa è un altra storia, o meglio, mi son promesso di parlare di questo secondo "locus" nei prossimi giorni. Oggi ho però capito cosa non farò a Natale... O meglio, cosa non dovrei fare. Poi volere è potere... E' difficile spiegare le sensazioni con le parole, ma l'immagine è uno strumento che è maggiormente condivisibile: ed è la foto di stasera...
(nella foto di oggi di Stefano Anghileri: Lecco, Lungolario Isonzo)

domenica 14 dicembre 2008

Avere un paese


Stasera mentre ero in auto delle luci hanno catturato il mio sguardo. Ho notato in lontananza delle luminarie natalizie particolari: erano delle linee molto semplici, di tipo artigianale, e salivano come gradini verso la cima di una collinetta. Ho invertito la marcia e mi sono avvicinato, avendo capito che era la collina di Beolco, a Olgiate Molgora. Giunto di fronte alle luminarie mi si è presentato lo spettacolo che ho immortalato nella foto riportata qui sopra, che se non è un granchè dal punto di vista fotografico ha fermato l'emozione che avevo dentro di me. Una emozione atavica... In effetti quelle luminarie erano molto semplici, delle normalissime file di lampadine senza disegni particolari, alcune bianche, altre colorate, issate tra pali di legno o tra le case sulla sommità della collina. Mi hanno dato un senso di artigianale, di un qualcosa che non si assapora più se non nelle piccole località dei piccoli paesi: come Beolco per l'appunto. Sono quelle piccole località dove forse ancora oggi si riesce a vivere il senso del paese, in un mondo che tende sempre più a spersonalizzare ogni cosa. Rivivo un pò stasera quanto avevo già scritto nel mio post del 15 maggio 2008 dal titolo "Insegna tipica: "osteria". Rivivo le parole di un grande scrittore italiano, Cesare Pavese: "Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo e che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".
Forse quando scrivo queste cose un pò di nostalgia si fa viva dentro me. Ma è una nostalgia strana. Normalmente si ha nostalgia di qualcosa che si è vissuto: in questo caso ho nostalgia di qualcosa che non ho vissuto se non indirettamente, ascoltando parole d'altri od osservando i piccoli borghi nella nostra Brianza. E' la nostalgia dell'essere paese, qualche decennio fa...
(nella mia foto di oggi: Beolco di Olgiate Molgora, luminarie natalizie; dicembre 2008)

sabato 13 dicembre 2008

Locus amoenus e locus desperatus



La Vita è fatta di riferimenti, non vi è ombra di dubbio. Questi vengono quotidianamente utilizzati per misurare sentimenti, sensazioni o dati di rigore scientifico. Le unità di misura vengono computate mediante l'utilizzo di riferimenti, la nostra Vita ha bisogno di figure di riferimento, il nostro cuore ha bisogno di luoghi di riferimento.
Alcuni autori classici avevano individuato nel "locus amoenus" quell'elemento del paesaggio che rappresentava questo "luogo - non luogo" dove era possibile raggiungere la stabilità dell'Animo. Io nel mio piccolo, dato che sono molto legato alla mia Terra, mi sono ricavato un piccolo "locus amoenus" a Monte di Rovagnate, e nella foto qui sopra lo mostro nella versione invernale, vista la stagione. Credo che la collina dei cipressi sia un luogo unico e magico allo stesso tempo.
Un pò di storia. I cipressi vennero messi a dimora nel corso dell'Ottocento lungo tutti i confini della proprietà della Marchesa D'Adda Busca di Lomagna, che aveva fatto della cosidetta tenuta "Busca delle due Galbusere" (che sarebbero Galbusera Bianca e Galbusera Nera) la sua casa di campagna. I cipressi vennero piantati come sentinelle lungo i confini della tenuta (come quello fotografato nel post sull'inverno) ed una cerchia degli stessi venne messa a dimora sulla sommità della collina dei cipressi, che rappresentava in sostanza il "belvedere" della proprietà. Sicuramente, come ogni luogo elevato e con in vista il sole all'alba, tale collina venne utilizzata nella notte dei tempi per riti propiziatori. Neanche troppo tempo fa ho assistito ad un rito di "Beltane" (l'inizio della stagione luminosa per i celti, nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio) messo in scena (era il caso di dirlo) da dei giovani leghisti abbastanza imbranati che credo avessero cercato informazioni sul rito qua e là su internet. La scena fu bellissima. Io mi trovavo sul posto con una mia carissima amica esperta della materia che, nel suo stile, non seppe restare in silenzio facendo notare gli errori del rito. Non vi dico che figura fece colui che guidava il gruppo. Di Beltane più tranquilli ne ho fatti con questa mia amica al mio "locus amoenus", e credo che ci sia ancora la traccia di cera verde sui sassi.
Le parole spesso fuggono di mano, come in questa occasione. Stavo parlando della collina dei cipressi come mio "locus amoenus" e mi son perso in mille rivoli...
Tornando sul tema, per me questo luogo è una sorta di riferimento. Ci sono stato in ogni stagione ed in ogni ora del giorno e della notte, facendomi accarezzare il viso dalla brezza che corre sempre tra un cipresso e l'altro, sedendomi sul troncone di un cipresso tagliato alcuni anni fa ed ancora molto odoroso. Chissà quante altre persone hanno utilizzato questo luogo a questo scopo. Sarebbe bello un giorno, in una notte di luna piena, trovarci tutti (intendo coloro che hanno trovato nella collina dei cipressi quello che vi ho trovato io) sulla sommità di questo "locus amenus" a parlare liberamente: "liberi pensieri su libero suolo, libere emozioni liberamente vissute"... Oltre che del "locus amoenus" stasera volevo parlare anche del "locus desperatus" di filologica memoria, estendendolo alla razionalità dell'agire. Ma ritornerò sull'argomento nei prossimi giorni.
(nella mia foto di oggi: Monte di Rovagnate, la collina dei cipressi innevata)

venerdì 12 dicembre 2008

Lo scalogno di Pianetta


L'immagine qui sopra riporta una riproduzione dell'incipit di "Carlambrogio da Montevecchia" di Cesare Cantù, edito nel 1857. Rappresenta una descrizione di Montevecchia a quel tempo. Qualche anno dopo la situazione non cambia, come leggiamo su "Sette giorni a Merate" di Rusticus, edito nel 1896: "ogni sorta di frutta, specialmente i fichi, molte qualità di verdure, in modo particolare il pomodoro, perfino l'erba salvia, il rosmarino, il finocchio sono portati da questi contadini ai varii mercati, venduti ai grossisti, ai privati, a tutti". Come vedete lo stile è lo stesso, ed anche la situazione di Montevecchia, collina delle meraviglie, è simile. Questo vuole essere il primo di tanti post che voglio dedicare alla mia Terra: mi considero fiero di abitare all'ombra di Montevecchia, che per ogni brianzolo del meratese rappresenta ancora oggi una specie di "faro".
Oggi voglio raccontarvi una storia, una piccola grande storia. E' la storia di Giancarlo e Albertina che hanno ritrovato una verdura locale che era andata praticamente persa e che, anche in modo fortuito, è stata nuovamente coltivata e si può ancora oggi assaporare: lo "scalogno di Pianetta". Credo sia una storia molto semplice ma ricca di significato, che dedico a tutti coloro, e so che sono tanti, che stanno cercando di ritrovare le radici della nostra agricoltura, che ha sempre fornito le migliori primizie alla città di Milano.
La storia dello scalogno prende origine da un libro simile a quelli che ho citato sopra, che Giancarlo aveva letto qualche tempo fa. Si parlava di un misterioso "aglio-cipolla" che veniva diffusamente coltivato nella zona di Montevecchia. La notizia ha incuriosito Giancarlo che ha iniziato le ricerche di cascina in cascina, di vecchio in vecchio: tutti ricordavano qualcosa ma nessuno coltivava ancora questa verdura, che sembrava quindi estinta. Ma Giancarlo non si è perso d'animo ed ha iniziato a percorrere i terrazzamenti coltivati e abbandonati di Montevecchia con Albertina. Un certo giorno, non lontano da casa, a Cascina Pianetta VI di Missaglia, si è imbattuto in uno strano cespuglio cipollino, odoroso. Lo ha osservato, lo ha tenuto sotto controllo durante la stagione vegetativa, e quando è stato il momento lo ha raccolto con molta attenzione. Ne ha riprodotto i bulbi e non senza meraviglia si è accorto che si trattava del cosidetto "aglio-cipolla" citato nel Settecento: è così rinato lo "scalogno di Pianetta". Ora Giancarlo e Albertina lo coltivano da anni e ne fanno anche una splendida conserva in agrodolce che è notevole: e che si assapora ancora di più sapendo come è nata.
Ampliamo la ricerca, se qualcuno ricorda qualche prodotto agricolo del nostro territorio oggi scomparso risponda a questo post. Grazie!

giovedì 11 dicembre 2008

Perchè esiste l'inverno...


Da alcuni giorni l'inverno è iniziato a pieno titolo. La neve è tornata a comparire sulle nostre colline di Brianza come non la si vedeva da tempo, ed il paesaggio è pienamente autunnale. Sto scoprendo che però tanti non lo amano, l'inverno. Io lo adoro. Non solo per la neve, che ha il potere di rendere poesia anche una periferia metropolitana e trasforma la campagna in un quadro vivente. Penso sempre alle parole dei nostri vecchi, così intessute del legame che avevano con la dolce amara Terra. L'annata agraria è iniziata a San Martino e la prima stagione che incontra è l'inverno. Un inverno rigido e nevoso rende più regolari anche le stagioni che lo seguono. "Sotto la neve pane..." recita il noto proverbio. E sotto la neve infatti è garantito un ottimo frumento. Un inverno freddo poi attua la necessaria selezione degli insetti che poi d'estate renderanno meno lieta la stagione calda apportando, oltre che fastidio, seri danni ai prodotti della Terra e agli alberi. Insomma, un inverno normale, che è un raro evento ormai confinato alle immagini del famoso film "L'albero degli zoccoli", è garanzia di un anno normale. Per questo la stagione più fredda non andrebbe bistrattata. Ampliando il discorso occorrerebbe inoltre pensare alla percezione delle altre stagioni, che è direttamente legata all'inverno. Se non ci fosse la stagione fredda, la primavera ci sembrerebbe meno colorata e profumata e i primi tepori non verrebbero colti come la ripresa della Natura. "L'inverno è per la Natura come il sonno per l'Uomo" diceva il buon Giancarlo venerdì alla serata sulle erbe officinali. E' vero, d'inverno gli alberi dormono per recuperare le energie che esploderanno in primavera, come noi facciamo ogni notte. E come noi se non dormissimo impazziremmo, lo stesso farebbe la Natura se non vivesse l'inverno. Insomma, ripensiamo all'inverno in un modo più positivo. E se nel nostro vivere quotidiano sentiamo la nostra Vita, intessuta di rapporti con gli altri, stretta nella morsa del gelo invernale, pensiamo che quando giungerà la primavera la sapremo apprezzare e vivere ancora di più. P.S. Visto che ho parlato dell'inverno e nel mio profilo c'era ancora la foto con le spighe, ho adeguato l'immagine alla stagione :-)
(nella mia foto di oggi: Perego, cipresso nella neve)

domenica 7 dicembre 2008

Frammento d'imbrunire

Stasera voglio aggiungere un elemento in più alle mie parole scritte, l'elemento immagine. Amo la fotografia. Ho sempre con me la fotocamera perchè è uno strumento eccezionale. Come nella mente in un frammento di secondo può eternarsi una sensazione, un profumo, una immagine, allo stesso modo la fotografia è un'opera d'arte multiforme. Ciò che viene immortalato (ovvero "reso immortale") viene infatti prima percepito dagli occhi, poi ragionato dalla mente, quindi metabolizzato dal cuore e infine, grazie alla fotografia, possiamo dare forma ad una opera che può regalare ad altri le emozioni che ha generato dentro di noi, eternando quel frammento anche per chi lo ha scattato: altrimenti resterebbe nel solo ricordo della nostra mente, con la tendenza ad ingiallire nel tempo.
La fotografia che posto stasera l'ho scattata oggi all'imbrunire, tra Cereda di Perego e Monte di Rovagnate. E' visibile la magica congiunzione di Giove con Venere, appena sopra al crinale del sentiero dei cipressi. Luoghi a me tanto cari, che conservano una sorta di metafisica in cui l'Essere pervade ogni dove della valle... Il cielo era terso, le prime stelle brillavano, le montagne in lontananza erano innevate: ed una brezza tesa e gelida scivolava dal crinale...

sabato 6 dicembre 2008

Storie di Terra. Oltre il visibile.

Ho recentemente tenuto quattro serate a Sirtori, organizzate dal Comune e dagli Alpini, sui prodotti agricoli di Sirtori e della collina di Montevecchia e del relativo Parco. S'intitolava "I Sapori del Parco", nell'alveo tracciato da una analoga iniziativa (forse più di massa...) che avevo organizzato negli anni scorsi per il Parco Regionale di Montevecchia e Valle del Curone. Ho sempre avuto la passione di conoscere il più possibile le tradizioni e i prodotti della mia Terra, a cui sono molto legato. Devo dire che le quattro serate sono state davvero fantastiche. La gente che è intervenuta era davvero molto interessata agli argomenti ed i produttori agricoli o gli artigiani alimentari presenti sono stati splendidi. Si è aperta una sorta di finestra sulla Terra, oltre il visibile. Nelle storie di tanti prodotti e nelle tante storie di Vita di chi produce si sono ritrovate sensazioni ed impressioni che la Vita quotidiana tende a sfumare. Ogni prodotto ha dietro una storia, che parte dalla Terra e continua in un rapporto tra Terra, uomo e animali. Madre Terra, mi verrebbe da dire... Sarà anche stato l'ambiente molto familiare come può solo essere una baita degli Alpini (se non ci fossero, bisognerebbe inventarli) con il camino acceso ma davvero si sono vissuti momenti particolari. Iniziando dalla storia del latte, di capra e di mucca, e i relativi formaggi; proseguendo con i vini, somma manifestazione dell'Essenza della Terra: "Il vino è la poesia della Terra", scriveva Mario Soldati. E poi il miele, prodotto del nettare e delle api, silenziose lavoratrici che sono purtroppo decimate da pesticidi usati soprattutto per il mais; i dolci, che hanno nel lievito madre, tramandato di padre in figlio, il loro cuore; le erbe aromatiche ed officinali, prodotti della Natura con proprietà benefiche spesso sottostimate e non conosciute compiutamente. Sentendo queste storie, ritorna il senso della misura, il senso dell'Amore della Terra, il senso che "ogni cosa ha il suo tempo, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo" (Qoelet). Grazie a tutti voi: Maurizio, Samuele, Raffaele (formaggi), Claudia e Mario (vini), Elio e Antonio (miele), Emanuele (dolci), Giancarlo e Albertina (le erbe aromatiche ed officinali). Grazie a tutti quelli che hanno condiviso questo viaggio, che avrà una nuova parentesi nella prossima primavera. Grazie a tutti voi, quando coltiverò la mia piccola vigna mi sentirò meno solo... Forse farò qualche post anche su queste storie. Meditiamo ed agiamo.

mercoledì 3 dicembre 2008

La quiete dopo la tempesta

E' il tempo della quiete dopo la tempesta. Il vento impetuoso che ululava dieci giorni fa ha mostrato il cielo invernale in tutto il suo splendore. La morsa del freddo si è fatta sentire e lievi fiocchi di neve, tanto attesi, hanno imbiancato le foglie ancora gialle. L'inverno si è fatto vivo, l'autunno si è congedato. Il fanciullino che c'è in me segue gli andamenti stagionali più del mio essere razionale. E' tempo di giocarsi fino in fondo, è tempo di ricalibrare le attenzioni. E' tempo di vivere nell'essere razionale. E' tempo di vivere nell'essere istintivo. E' il tempo che ognuno dovrebbe riuscire a concedere a sé stesso: si vive una volta sola, ed ogni momento non vissuto fino in fondo è un momento che domani potremmo rimpiangere. Insomma, "vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere, dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire... (Tiromancino, imparare dal vento)".

sabato 22 novembre 2008

Tempesta di vento

Da ieri sera è in corso una vera e propria tempesta di vento che ci porterà diritti nell'inverno. Oggi il sole è alto nel cielo terso ma la temperatura è più bassa di uno qualunque dei giorni scorsi con il cielo coperto. Un esempio di come non si possa teorizzare ogni cosa. Normalmente il giorno sereno è più caldo di quello coperto, perchè c'è il tepore del sole a scaldarci, ma in questo caso il vento è più freddo del sole... Forse a volte le stesse cose ci succedono nella Vita. Possiamo sembrare agli occhi esterni sereni e magari caldi ma dentro di noi abbiamo una tempesta di vento gelido. Purtroppo la Vita quotidiana, così intensa, a volte ci costringe ad indossare una sorta di maschera di ciò che per questa Vita dobbiamo essere, dedicando sempre meno tempo all'essere sé stessi. Bisogna davvero cercare di dialogare con il proprio Ego sempre di più rapportandosi con gli altri nel modo più diretto possibile, senza la mediazione di ciò che dobbiamo essere. Le maggiori soddisfazioni infatti la Vita ce le riserva quando riusciamo a costruirci dei rapporti diretti e sinceri, senza se e senza ma, che abbiano una loro dimensione propria e non mediata dalla maschera del quotidiano. E' sempre forte la tentazione di adeguarsi a situazioni più comode, ma bisogna cercare di essere infinitamente sé stessi, anche quando costa fatica: Essendo Essenza...

mercoledì 19 novembre 2008

Arriva l'inverno...

L'autunno se ne va, arriva l'inverno. Le ultime foglie abbandonano esauste i rami, le gemme si fanno dure. La Natura si ferma. Nell'aria c'è il cambio di stagione ormai imminente, ed è leggiadro ed incredibile come, se non utilizzassimo strumenti scientifici che oggi abbiamo, gli uomini sono gli ultimi ad accorgersi dei cambi di stagione. Come dell'arrivo del temporale in estate: la Natura e gli animali si accorgono per primi... Sono portato a scrutare il cielo, a perdermi in esso quando è terso e profondo, a cercare di interpretarne il senso. In questo periodo un pò nostalgico del passato che non è più i nostri vecchi erano più allineati alla Natura e vivevano in una sorta di sintonia con essa che oggi si è persa. La fatica di scaldare una casa o un mastello d'acqua con il fuoco in un camino, le serate d'inverno al tepore nelle stalle, le serate d'estate nel fresco delle cantine. Il mangiare verdura e frutta di stagione, il desiderio di riprovare sapori che erano legati indissolubilmente ad un certo periodo dell'anno. Le stagioni scorrevano e ci si accorgeva del loro scorrere. Oggi il tempo fugge, e mentre pensi a Ferragosto appena trascorso ti trovi di fronte le prime luminarie di Natale, e poi ti trovi ad esclamare: "non esistono più le mezze stagioni..." Forse dobbiamo tornare all'Essenza delle cose, prima che sia troppo tardi...

martedì 18 novembre 2008

Vivere ogni istante come se fosse l'ultimo

Per saper vivere la Vita nel migliore dei modi bisognerebbe forse cercare di vivere ogni istante come se fosse l'ultimo. Troppe volte nella mia esperienza mi sono accorto di quanto una cosa fosse importante solo dopo averla persa. Forse la filosofia che mi è sempre sfuggita è quella con qui ho intitolato questo post. Negli ultimi mesi ho maturato la convinzione che il raziocinio è bene averlo, ma che troppo raziocinio può soffocare la spontaneità di raccogliere e saper cogliere ciò che la Vita ci offre. In una Vita in cui siamo troppo spesso costretti a dare e troppe volte non riusciamo a ricevere, saper guardare al domani con fiducia ci potrebbe già aiutare molto. Devo sganciarmi dalle logicità del quotidiano e cercare di guardare oltre l'orizzonte, senza il timore di superare nuove frontiere anche se avvolte dall'ignoto...

mercoledì 12 novembre 2008

Galbusera Nera, autunno, anni fa. Quanti?

E' una domenica sera d'autunno. Le foglie ingiallite cadono dagli alberi. Nella valle regna la quiete all'imbrunire, nel cielo terso fa capolino la luna piena. Arrivo a Galbusera Nera sul far della sera con un amico, Carletto ci aspetta. Varchiamo la porta della splendida cascina e in cucina la fa da padrone lo schioppettio della legna ed il suo profumo. La giornata lentamente muore oltre l'inferriata in legno della finestra. Facciamo le caldarroste, parlando in dialetto del più e del meno. Beviamo il vino bianco dell'anno scorso, con quel suo colore dorato e quel suo sentore di mandorle: lo riconoscerei ad occhi chiusi. Ma la serata è stranissima. In un batter di ciglio arrivano a Galbusera Nera tutti gli ultimi vecchi della valle: sembra un ritrovo ma è un caso. Il primo è Dalmazio, e porta una bottiglia del suo vino di Galbusera Bianca. Poi arriva un altro Carlo, del Malnido... Ed ecco Cecco, con il suo trattore arancione... Il tempo fugge veloce, i discorsi corrono indietro negli anni, rivelano i racconti della campagna, gli aneddoti, le tradizioni, le piccole invidie. Senza volerlo mi trovo in un vero e proprio spettacolare amarcord. Il vino finisce, bisogna prenderlo in cantina. Accompagnamo Carletto che lo vuole spillare dalla botte... Apre la spina, il mio amico innavvertitamente gli fa ombra, una goccia cade sul pavimento: "spostati che non vedo!" lo richiama dispiaciuto Carletto. Il tempo fugge, l'imbrunire si è trasformato in buio, la sera avanza ma sembra che questa estemporanea riunione non voglia più finire... Fino a perdere quasi la cognizione dello spazio e del tempo, con l'aiuto del vino ruspante :-) Giunge l'ora dei saluti, tra battute e controbattute. Cecco salta sul trattore commentando che ha fatto bene a non venire in Vespino perchè almeno ha quattro ruote anzichè due ed è più facile tenere l'equilibrio, Carlo e Dalmazio se ne vanno discutendo animatamente. Io ed il mio amico accompagnamo a casa Carletto dopo che ha chiuso la cascina. La luna alta nel cielo pare sorriderci e ci fa l'occhiolino, la valle è inondata della sua luce azzurrognola...
Ieri ho scritto di San Martino e del mio legame con la Terra ed il mondo rurale. Abbandono il ricordo di quella serata, che mi è rimasto nel cuore, e penso a quanto è cambiato... Carletto e Dalmazio non sono già più tra noi e ci osservano dal Cielo, Galbusera Nera c'è ancora, è stata un pò ristrutturata, il camino è ancora quello, non c'è più l'inferriata in legno. Ogni volta che rientro in quella cucina ricordo come fosse ieri quella serata con nostalgia. Se avessi avuto il telefonino avrei forse fatto una ripresa per aiutare il futuro ricordo, perchè le voci aiutano ancora più delle immagini. Ma quanto tempo è passato? E la nostalgia mi avvolge...

martedì 11 novembre 2008

San Martino

Oggi inizia l'annata agraria. E' San Martino, e da questi ricorrenza è rimasto vivo il detto "Fare San Martino" inteso che "fare il trasloco". Perchè i terreni e le case rurali venivano lasciate ed occupate in questa giornata, che per tante famiglie di contadini era quindi giornata di trasloco. Un mondo, almeno per la mia cara Brianza, ormai lontanissimo anche se in fondo è passato neanche un secolo da questi tempi. Sono attratto dal mondo contadino ed ho sempre cercato di coglierne gli aspetti più reconditi, magari nascosti nel sasso del muro di una cascina o nella fiamma di un camino. Ed ho avuto la fortuna di incontrare uomini che hanno fatto in tempo a vivere questa dimensione. Ma cosa percepirannno di questo mondo le nuove generazioni? E' vicino il mio trentacinquesimo compleanno ma già mi sento vecchio. E sento che il nulla avanza sempre più...

mercoledì 5 novembre 2008

Temporale d'autunno

"C'è un temporale in arrivo, senti l'elettricità..." Così canta Jovanotti. E stasera, pur essendo pieno autunno come lo dimostrano le foglie ingiallite sugli alberi di ungarettiana memoria, tuoni e fulmini la fanno da padrone. Verrebbe da dire: "non esistono più le mezze stagioni..." Ma ormai siamo abituati a sentire tuonare anche d'autunno e d'inverno. Sarà la globalizzazione. Nel senso che come, grazie o per colpa (dipende dai punti di vista) al mondo globale, possiamo avere frutta di stagione da consumare fuori stagione, sembra che anche la Natura si diverta a scombussolarci dandoci temporali al di fuori della stagione estiva. Manca solo il temporale di neve, e da qualche parte l'ha già fatto. E' evidente che il caos che ci circonda e che dilaga ha intaccato anche la percezione delle stagioni. Vi sono sempre meno certezze, bisogna sapere tenere saldo il timone tra le mani e la "barra al centro". E bisogna cercare di capire ciò che accade usando più parametri. Se questa sera mi fossi svegliato dal sonno sentendo un tuono, avrei pensato all'estate: invece siamo in autunno. Il parametro "tuono" non bastava ad avere piena percezione dell'evento che stava accadendo. E quotidianamente sono sempre di più le sfaccettature che dobbiamo osservare per cercare di capire con compiutezza ogni avvenimento di cui siamo volontari o involontari protagonisti: "detto così è semplice e infatti lo è detto così" (Lucio Battisti, La sposa occidentale).

martedì 4 novembre 2008

Ulula il vento

Stasera il vento è maestoso. Le sue raffiche fanno traballare le tapparelle e la sua forza si manifesta in sinistri ululati. E' la voce del vento. E' la forza del vento. Spesso e volentieri la Natura ci impressiona proprio nelle sue manifestazioni più violente. A volte solo in quei casi ci ricordiamo che esiste. Una cosa che non riesco a sopportare, da appassionato meteofilo, è quando si parla di "catastrofi naturali". Spesso e volentieri dietro alle cosidette "catastrofi naturali" c'è prima di tutto una causa umana: andrebbero chiamate "catastrofi artificiali". Nel mio piccolo stasera mi sono trovato a fronteggiare una situazione potenzialmente pericolosa: la pioggia caduta abbondante nelle ultime ore stava minacciando di allagare una casa, che si è trovata praticamente una fonte d'acqua in giardino che non era mai esistita. Abbiamo avuto l'accortezza di ragionare un attimo e abbiamo trovato la causa, risolvendola prontamente. Ed era a 500 metri di distanza da questa casa, ed era una causa artificiale. Nel nostro vivere quotidiano dovremmo imparare a comportarci come quando si va in montagna e la regola basilare è questa: "ricordati che potresti avere qualcuno più in quota di te e qualcuno più in basso di te e comportati di conseguenza". E' la regola base per evitare di prendere sassi e di inviarne ad altri. E ricordiamoci che vale alche di fronte alla croce di vetta di una cima: qualcuno più in alto c'è sempre...

sabato 1 novembre 2008

Luce & buio

Giorni d'autunno. Piove in continuazione. Le foglie cadono esauste quasi senza colorarsi. Le sensazioni sono tutte soggettive. E l'autunno lo si può vivere con stati d'animo diversi. Come questi giorni: pioggia, bruma, grigio. Poi tornerà il sole, tornerà la luce, e i nostri occhi non saranno più abituati a vedere il sole e faremo fatica a tenerli aperti. Col sole le foglie scintilleranno di colori caldi nel cielo azzurro e terso. Senza sole anche le foglie perdono il colore e si confondono con la bruma. Nel nostro vivere quotidiano siamo un pò come loro: possiamo splendere di colori caldi o confonderci con la nebbia della malinconia. L'animo umano è altalenante. Chi è sempre felice finge... Senza la luce tutto non ha colore. Ogni oggetto cattura la luce e prende colore. Ma senza luce tutto è uguale. Solo che è buio e non possiamo vederlo.

lunedì 27 ottobre 2008

Il senso della "breccia"

Nella stranezza di questi giorni meditavo sul senso della "breccia". Mi spiego meglio. Fino a quando una certa situazione resta compatta la stessa resiste con più facilità alle avversità. Ma appena anche una piccola zona "del fronte" cede, ecco che di colpo collassa tutto quanto. Alcuni esempi pratici e fisici. Un manto di neve resiste fino a quando non si scioglie una zona: poi man mano la macchia si allarga velocemente. Idem uno specchio d'acqua ghiacciato con una zona in cui il ghiaccio cede. Oppure una diga con dell'acqua. Un branco di animali selvatici che finchè sono branco non vengono predati e appena prestano il fianco e cedono si spaccano. Visivamente si possono fare tanti esempi. Ben più difficile è spiegare lo stesso fenomeno rispetto all'Essere attraverso le complicazioni di ogni giorno. Finchè uno resiste a queste avversità è forte, appena si forma una breccia tante situazioni cambiano colore e sapore. E' un periodo di transizione, ma questo l'ho già scritto...

martedì 21 ottobre 2008

Il silenzio del pensiero

A volte ci si trova ad apprezzare maggiormente il vero gusto del silenzio dopo essere stati in luoghi rumorosi e pieni di frastuono. Quando ci si trova in queste situazioni ci si accorge di come sia importante il silenzio, di come possa dare ristoro. Ma a volte, mentre il silenzio ci avvolge, la nostra mente continua a pensare ed in un certo senso è come se producesse anch'essa un rumore che turba il silenzio. Forse a volte bisogna riuscire ad ottenere anche il silenzio del pensiero. La nostra Vita ha ormai raggiunto dei ritmi davvero intensi e siamo talmente abituati a correre che quando possiamo camminare ci sembra di andare troppo piano. Siamo abituati ad essere circondati di fatti e parole, a rincorrere situazioni per preservare intatta l'immagine che noi vorremmo avere nei confronti degli altri, scalfita da una notizia magari fasulla. Forse bisogna sapere tornare all'essenziale, a calarsi nel silenzio senza temere di affondare in un oceano di malinconia e nostalgia. Perchè a volte la nostalgia ti avvolge come nebbia fredda: e mentre corri non provi freddo, ma appena ti fermi il sudore ti porta brividi di gelo. Ma non sempre ci si può coprire...

domenica 19 ottobre 2008

Miracolo di vino

Il cielo azzurro e terso rendeva gli acini maturi ancora più maturi. Il succo zuccherino rendeva appiccicose le dita mentre le ceste si riempivano di grappoli. Il giorno in cui ogni vigna è più popolata è quello della vendemmia. Oggi era quel giorno, e l'aria di festa andava ben oltre la valle. Chissà perchè quando chiunque vede le casse d'uva un secondo dopo ha sul viso un sorriso. La vendemmia porta gioia, per chi la fa e per chi la vede. Nella cantina il profumo del mosto è già inebriante e dolcissimo. I grappoli si trasformano in mosto e tra qualche ora i tini inizieranno a bollire. Profumo di legna bruciata nel camino che ha una fiamma amica che scalda il cuore. Lo strumento di comunione di gioia è il canto, e la gioia si tramuta in canto. Si stappano bottiglie con il vino già vino, mentre il mosto non vino riposa in cantina in attesa della fermentazione. Ma ecco una bottiglia di vino bianco che compare dalla penombra della cantina. E' coperta di polvere, ma appena la si stappa il vino si popola di bollicine. Lo si beve mentre si mangiano le caldarroste e d'un tratto un silenzio aleggia nella cascina: ma che vino è, così buono? E' un bianco del 2000, un bianco di otto anni ancora così buono? Come è possibile? E' una sorta di miracolo di vino... E chi lo ha preparato con tanto amore è volato in cielo già da sei anni. E il ricordo si fa comunione di nuovo col canto: e dal cielo ti sentiamo cantare, caro custode e anima di Galbusera Nera... I miei pensieri corrono all'indietro, il tempo fugge...

giovedì 9 ottobre 2008

Gobba a ponente, Luna crescente

Eccoti lì, luna crescente con la gobba a ponente... Ti stagli lì, incolpevole ed inconsapevole, dietro il grande campanile illuminato. Campanile che sei stato faro visibile di molte sere d'estate quando il giorno fatica a morire e allo stesso tempo segnale familiare di notti insonni coi tuoi rintocchi. Campanile e luna: quante volte mi avete catturato lo sguardo, ed anche oggi l'avete fatto. Eccoti lì, luna crescente... Sotto il tuo sguardo si scorge appena la montagna meno arcigna che fa da contraltare d'inverno alla montagna arcigna di manzoniana memoria ammantata di neve. Montagna scura anche alla luce di luna, montagna chiara proprio con la luna: il bianco ed il nero nello stesso sguardo, l'uno di fronte all'altro. Eccoti lì, luna crescente... Compari dietro la curva di tanti ritorni a casa, nella testa mille domande, nel cuore mille certezze. Eccoti lì, luna crescente... Giochi a nascondino coi cipressi, lucus amenus di tanto pensare: e del perdersi nel nulla. Eccoti lì: luna crescente, che sarai luna piena e poi luna calante con la gobba a levante, e poi luna non luna, ovvero luna nuova, invisibile agli occhi nonostante tu esista. Ti cela l'ombra. Come la polvere cela tanti ricordi ingialliti.

domenica 5 ottobre 2008

Punta Spartivento. Notte.

Il vento freddo da Nord gonfia le onde che dal lago nero come la pece s'infrangono sulla diga foranea. Il lampeggio del palo-faro illumina le onde che s'increspano. Le luci delle sponde scintillano lontane, le montagne sono più chiare del lago e del cielo. Le stelle brillano limpidissime ma il cielo è ancora orfano di Orione: quanto mi manca la costellazione principe dell'inverno... Bellagio è anche questo. Non sono solo i vicoli dove il vento s'incunea trasportando voci straniere. Non sono solo le vetrine di lusso e gli alberghi extra lusso. Bellagio sono le scale che scendono a lago, Bellagio è la Punta Spartivento: dove il lago si divide ed il vento cambia nome. La malinconia è dietro all'angolo, quante sensazioni ti riescono a far vivere certi luoghi. Quanta dolcezza ho lasciato sulla Punta Spartivento. Ieri e l'altro ieri. Di giorno o di notte. D'estate o d'inverno. Al tramonto o nel cuore della notte. Guardando le stelle o dei fuochi d'artificio. Sognando l'infinito o accarezzando la dolcezza. Vivendo consapevolmente o emozionandomi inconsapevolmente. Fuggendo da un ricordo o rincorrendo un sogno. Quanto mi sento piccolo sulla Punta Spartivento. Quanto mi sento triste. Quante emozioni vivo. "E il naufragar m'è dolce in questo mare..." (G.Leopardi)

giovedì 2 ottobre 2008

E' successo quello che doveva succedere...

"È successo quello che doveva succedere. Ci siamo addormentati, perché è venuto il sonno a fare il nostro periodico ritratto. E per somigliarci a noi più che noi stessi, ci vuole fermi, che appena respiriamo, e mobili ogni tanto, come un tratto sicuro di matita. Ecco che siamo la viva immagine di una distilleria abusiva che goccia a goccia secerne puro spirito". (Estetica, brano dall'ultimo album di Lucio Battisti scritto da Pasquale Panella nel 1994). E' un post che si apre con parole non mie quello di oggi, ma stasera ho avuto due "flash", mentre terminavo la giornata avvolto da una certa stanchezza. Ho letto qualche e-mail scritta e ricevuta quasi un anno fa (e forse le e-mail è meglio cancellarle visto che sono figlie della volatilità di internet) ed ho ascoltato quasi per caso il brano di Lucio Battisti che ho richiamato. Prima mi ha colpito la sonorità, poi mi hanno ipnotizzato le parole. Panella da questo punto di vista è un vero maestro, anche se l'estetica dei suoi testi non consente compromessi: o ti piacciono o li odi. Del resto credo che l'ultimo periodo di Battisti sia stato molto evoluto per il tempo che fu, ma soprattutto non era paragonabile come in tanti sono caduti al confronto-tranello del periodo Battisti-Mogol: sono due cose completamente diverse. Le parole fluiscono e si perde il bandolo della matassa, un pò come nei testi del periodo Battisti-Panella.
Questo post aveva un tema ben definito nella mia mente ma durante la sua materializzazione si è trasformato in un post musicale... Poco male, ritornerò al tema principe in un momento in cui avrò la mente meno stanca ed il cuore meno nostalgico. O forse non ci ritornerò, forse certi attimi è meglio stroncarli sul nascere. E tutto quello che potevo dire può essere racchiuso nella frase del brano che ho già riportato sopra: "È successo quello che doveva succedere. Ci siamo addormentati, perché è venuto il sonno a fare il nostro periodico ritratto". E ci aggiungo solo uno spazio temporale: ottobre 2007.

martedì 30 settembre 2008

Catturare il vento

Ho sempre dato la giusta importanza al vento. Spesso ho parlato del vento. Per la sensazione che ti porta, per i profumi che trasporta. Perchè porta il freddo o il caldo, il secco o l'umido. Ogni vento, ogni brezza ha un suo sapore, un suo colore, una sua anima. Ieri ho scoperto casualmente da una free press che qualcuno sta cercando di creare un museo del vento a Trieste, dedicato al vento principe di questa terra di confine con l'Est Europa, la bora. Ma questo museo sarà dedicato a tutti i venti del mondo, e si stanno raccogliendo i campioni. Ognuno è libero di catturare il vento della sua zona, legato a particolari fenomeni, rinchiuderlo in un contenitore a scelta ed inviarlo al museo con una spiegazione. Ho scelto quale vento catturare. Quando ho letto questa notizia il mio pensiero è corso in un certo luogo legato a doppio filo con la mia Vita. Andrò lì, catturerò questo vento e lo invierò. Ho già scelto anche il contenitore. Ora devo solo procedere alla cattura...

martedì 23 settembre 2008

Le porte dell'autunno

Le luci della pianura erano avvolte dalla prima foschia di un nuovo autunno che proprio in quel giorno aveva inizio. Nel cielo si compattavano nubi abbastanza grevi. L'aria frizzante e quasi fredda correva veloce tra i muri delle case, sfiorando l'acciottolato, come una mano gelida che risaliva il crinale. Il primo profumo di legna arsa nei camini superava la fragranza del rosmarino. L'uva quasi matura nelle vigne che avevano già perso il vigore e lo smeraldo estivo ed iniziavano a vestire i colori autunnali. I muri in sasso dell'osteria iniziavano ad essere più accoglienti della veranda estiva. La mente si estraniava dal momento, varcando le soglie di un ragionamento crogiolato da un cuore addolcito che lo rendeva meno pungente. Il piacere ammantava ogni gesto, perchè quando si è dolci ogni cosa appare meno dura. Anche il brindisi col rosato ruspante faceva risuonare i classici bicchieri da osteria come calici di cristallo. Il rosato è un vino di transizione: tra il fresco bianco dell'estate ed il rosso caldo dell'inverno. Come il grigio in un mondo di bianco e di nero. Una strana malinconia veicolata dalla stanchezza vera rendeva meno leggiadro il momento. Ma dopo aver chiuso gli occhi era scomparsa nello stesso luogo da dove era venuta. Perchè a volte ci si rende conto che anche ogni secondo va vissuto pienamente...

domenica 14 settembre 2008

Luna (quasi) piena

L'aria era frizzante stasera. L'autunno è alle porte. Lo senti da tante cose. Stasera anche dalla luna (quasi) piena. Si stagliava nel cielo, un cielo terso e sereno con qualche banco di nuvole. Nella valle la prima nebbiolina aveva il colore cinerino della luna. Non c'era vento stasera. Il primo profumo del fumo dei camini avvolgeva le case abbarbicate sul colle. Sotto le case i boschi nella foschia, oltre i boschi i cipressi che si stagliavano al cielo. In lontananza Montevecchia illuminata. Mi sono guardato intorno, cercando di percepire il minimo rumore. E ho trovato un silenzio infinito. Ho alzato di nuovo lo sguardo alla luna, e si era nascosta dietro il banco di nubi che nel frattempo era anch'esso diventato cinerino. Ho chiuso gli occhi, estraniandomi e respirando a pieni polmoni l'aria frizzante. Li ho riaperti, ed ho ritrovato la luna. Ho guardato per terra, ed ho visto la mia ombra creata dalla luna. Ho sorriso. L'infinito non va e non viene: ci avvolge. Stasera più di ieri sera e meno di domani.

sabato 6 settembre 2008

I sussurri del vento

Il vento è una sorta di compagno virtuale della nostra Vita. Un pò come il cielo del post precedente. Il vento può essere debole o forte, può portare il profumo di primavera o quello della neve. Può avere il sapore della calda macchia mediterranea, può avere la fragranza della terra bagnata alla prima pioggia dopo un periodo di siccità. Può essere refolo fresco in una giornata afosa, può avere il colore dell'azzurro ed il sapore del favonio in una fredda giornata d'inverno che come d'incanto grazie al vento si trasforma in una giornata di primavera. Mi piace assimilare il vento al pensiero: quando c'è vento, è come se stessi pensando. Il vento sa sussurrare come sa urlare. Da un saggio c'è da imparare anche quando tace. "Like the wispering wind you sent to me" (Moby).

martedì 2 settembre 2008

Scrutando il cielo

Quante volte abbiamo alzato lo sguardo al cielo? All'alba di giorni brumosi quando il sole al suo sorgere trasforma la bruma in creta da plasmare con la fantasia. Nel pieno di una giornata ventosa in cui l'aria frizzante invita la mente a perdersi nella profonda leggerezza dell'azzurro. Mentre il sole al tramonto gioca a nascondino con le nubi colorandole come solo la Natura sa fare (e come la foto del blog vi da un esempio). Scrutando il cielo in una notte limpida alla ricerca di una stella cadente con un desiderio pronto da esprimere, o perdendo l'attimo perchè il desiderio non era pronto. Osservando la luna piena e accorgendosi quanto è forte la sua luce e provando il brivido che l'ombra della luna esiste ed ha più fascino di quella del sole. In una mattina piovosa d'autunno quando le nuvole si confondono con la nebbia e le colline. In un pomeriggio grigio in cui il cielo pare caderci addosso. In una notte di temporali rincorrendo i lampi che ci danno i brividi nella schiena. Quante volte abbiamo scrutato il cielo allora? Quante sensazioni del nostro passato ci hanno dato queste poche pennellate descrittive di un'azione così semplice? Scrutare il cielo spesso fa rima con sognatore però, e come cantava Sergio Endrigo in una canzone ripresa da Franco Battiato: "sopra le nuvole c'è il sereno ma il nostro Amore non appartiene al cielo, noi siamo qui, tra le cose di tutti i giorni, e i giorni grigi". Sostituite Amore con Vita (che è la stessa cosa, non c'è Vita senza Amore e non c'è Amore senza Vita) e vi ritroverete sognatori più spesso di quanto avete percepito di esserlo. Parola di un sognatore...

sabato 30 agosto 2008

Non sempre i conti tornano

Non sempre i conti tornano. In questi giorni appena passati di vacanza, pur non essendo partito, ho avuto il modo di pensare un pò senza il rincorrersi di appuntamenti ed impegni tipico di una giornata lavorativa normale. Pensando si capisce come non sempre i conti tornano, nella Vita. la cosa è normale di per sé, perchè la Vita non ha regole matematiche e quindi non per forza i risultati dell'agire devono portare ad un unico risultato che si può prima prevedere. E' stata una estate molto variabile e fresca dal punto di vista meteorologico, ma negli ultimi giorni il tempo si è fatto di nuovo caldo e stabile. E' come se ogni esperienza prima di abbandonarci si fa di nuovo viva. E ricca di sensazioni. Ma una porta son sicuro di averla chiusa in questa estate, ed era la porta che più cigolava ad ogni colpo di vento del pensiero. Domani è l'ultimo giorno di estate meteorologica, da lunedì sarà autunno. E' tempo di bilanci. "Settembre, è tempo di migrar"...

mercoledì 13 agosto 2008

Lo specchio dell'anima

Quando ci mettiamo fisicamente davanti ad uno specchio, vediamo ovviamente la nostra immagine fisica riflessa in esso. Allo stesso modo, a volte, quando ci troviamo di fronte a particolari situazioni che ci sono magari offerte dalla Natura, è come se dentro queste situazioni riflettessimo delle sensazioni insite nel nostro animo. Stasera ne ho notate un paio, offerte da questo variabile mese d'agosto incastonato in una variabile estate di uno degli anni più piovosi del nuovo millennio. La luna stasera giocava a nascondino con le nubi. Spariva completamente, si velava appena, si nascondeva in parte, risplendeva in pienezza: un pò come accade da un pò di tempo a questa parti con tutti i rapporti di ogni tipo che mi circondano: alti e bassi, sparizioni e ricomparse, il nulla ed il tutto nell'arco di pochi giorni. Poco più tardi, guardando verso Nord, un magnifico cumulonembo era illuminato dalla luna in questa fase spavalda e luminosa ed era attraversato da fulmini: una luminescenza che dava brividi, accompagnata da un lontano brontolio di tuoni. Uno spettacolo della Natura dalla distanza, suggestivo, che nel luogo in cui si manifestava era in realtà una sorta di tempesta. Ecco l'altro parallelismo: quante volte le cose che viviamo hanno valenze diverse rispetto al luogo e al tempo in cui vengono vissute? Tante, forse troppe... Sullo specchio in rapporto all'anima devo ritornare, ho già un'altra immagine nella mente.

martedì 12 agosto 2008

False speranze e vane attese

Sono più pesanti da sopportare delle "false speranze" o delle "vane attese"? Qual è la differenza che intercorre tra le due situazioni che spesso e volentieri vengono contemporaneamente utilizzate per indicare uno stato d'animo? La speranza è agognare di esaudire un desiderio: speranza e desiderio sono intimamente legati ed infatti per cercare di dare una spiegazione di speranza ci troviamo ad usare entrambi i termini. L'attesa è invece la pazienza di aspettare che un particolare desiderio o una particolare situazione, giungano a compimento, si verifichino, si manifestino. Ma se la speranza è falsa allora vuol dire che l'attesa è vana. E se l'attesa è vana forse nutriamo una falsa speranza. Forse è proprio per questo che usiamo queste due espressioni affiancate, perchè sono ridondanti: ed essendo tali vuol dire che non sono una più pesante dell'altra da sopportare, ma sono semplicemente terribilmente concatenate.

giovedì 7 agosto 2008

Ricordi vicini, ricordi lontani

Quanto un ricordo è dentro di noi? Un ricordo lontano è per forza più debole di un ricordo vicino? Ogni tanto ripensando a situazioni vissute si rivivono emozioni forti. A volte basta un elemento scatenante, come una particolare musica, un particolare profumo, un particolare accenno ad un certo luogo fatto innocuamente da qualcuno, un nome chiamato da qualcun altro che è solo lo stesso nome della persona a cui poi pensiamo ma che non era quella chiamata. Oppure una certa luce di un certo tramonto, un certo posto, una certa sensazione. A volte sono invece le nuove emozioni a ravvivarci vecchi ricordi: sembra assurdo ma una novità si lega a doppio filo con qualcosa del nostro passato. Mentre viviamo qualcosa di bello e nuovo magari rammentiamo quando abbiamo già vissuto quella emozione, magari tanto tempo prima. E' il ricordo di un innamoramento, di una particolare paura, di altro. Ricordi positivi o negativi, poco cambia, sempre ricordi sono. Ho già scritto che "chi si lega ai ricordi, non può andare lontano". Eppure tante volte sono proprio i ricordi che ci aiutano ad affrontare il quotidiano. Quanto è misteriosa la Vita, ed ogni arrivo è una nuova partenza...

martedì 5 agosto 2008

Fidarsi è bene... Non fidarsi è meglio?

Man mano che gradualmente invecchio mi trovo a volte di fronte a domande ridondanti che di tanto in tanto riaffiorano dalle onde della Vita quotidiana: situazioni che si credono sopite e poi tutto d'un tratto diventano fiamme che prendono origine dalla brace che cova sotto le ceneri. In ogni cosa che facciamo, quando ci troviamo di fronte una situazione od una persona fino a poco prima sconosciuta, la domanda che sorge spontanea è: fidarsi o non fidarsi? E a seguire altre domande del tipo... Credere o non credere? Illudersi o non illudersi? Capire o non capire? Scavare o non scavare? Cambiare o non cambiare? Sono tanti piccoli bivi che una persona si trova di fronte soprattutto quando appunto è all'inizio di nuovi rapporti, siano essi di sola conoscenza, amicizia o con contaminazioni d'altro, che occorre affrontare a viso aperto cercando di non eluderli. In prima persona credo di essermi fatto una certa esperienza ma forse questa esperienza ancora non è sufficiente. Credo che finora nella mia Vita abbia avuto tante fortune ma anche tanti repentini cambi di rotta, e questo discorso del fidarsi o meno mi si è posto di fronte molte volte, tanto nei rapporti che anche nel fare politica o amministrazione, come preferisco definirla. Ed ogni volta, come una eterna lotta tra il bianco ed il nero, alterno il fidarmi al non fidarmi. Normalmente quando non ci si fida si è consapevoli di non rischiare, ma allo stesso tempo si sa di avere meno probabilità di provare sensazioni nuove o di carpire nuove soddisfazioni. Quando ci si fida invece tendenzialmente è più facile provare queste sensazioni o carpire queste occasioni: ma entrambe sono sfuggenti, e se la saggezza non si prende cura di noi in un attimo il vento gira, e se non sei rapido rischi di pagare...

lunedì 4 agosto 2008

Il rapporto con la ragione

Le sensazioni che la Vita quotidianamente ci offre sono il risultato di un eterno confronto tra la ragione e l'istinto. A volte prevale l'istinto e si vivono magari sensazioni bellissime senza il senno di poi, a volte prevale la ragione e ci si priva di vivere momenti particolari che la Vita non sempre ci offre con abbondanza. Avere un buon rapporto con la ragione garantisce una Vita equilibrata e piena di soddisfazioni: ma ogni tanto occorre ascoltare anche l'istinto. Tanto per cambiare, la virtù, anche questa volta, sta nel mezzo.

lunedì 28 luglio 2008

Sensazioni infinitamente indeterminate

A volte nella nostra Vita quotidiana siamo abituati a misurare ogni cosa che facciamo. E' un pò lo stile dei nostri giorni che ci costringe a farlo, ma di tanto in tanto è anche bello vivere senza misurare. Senza misurare ciò che si è o si vuole apparire, senza pensare a quanto dicono gli altri di te, vivendo ogni minuscolo frammento di sensazione positiva senza se e senza ma. Allora ogni più piccola sensazione diviene infinitamente indeterminata: può apparire piccola o grande, dolce o dura, lunga o breve, a seconda di quando la si vive ma soprattutto a seconda di con chi la si vive. Circondiamoci di persone sincere, abbassiamo le nostre difese. E dimentichiamo ogni tanto di misurare quanto facciamo...

sabato 26 luglio 2008

Occhio non vede, cuore non duole

"Se si dimentica la propria Storia si è condannati a riviverla". Ho sentito qualche giorno fa questa frase alla radio e mi ha molto colpito. In qualche modo questo effetto è anche contenuto nei detti popolari come quello con cui oggi ho intitolato il post: "Occhio non vede, cuore non duole". Ma ciò che provo oggi va oltre tutto ciò, è una vera e propria accozzaglia di sentimenti e percezioni, un mix di orgoglio, tristezza, malinconia... Recentemente ho scoperto una verità che non conoscevo ma esisteva da mesi. Non conoscendola in questi mesi, nonostante già esistesse, perchè mi è stata celata, ho vissuto in un certo modo la mia Vita. Apprendendo questa notizia mi sono sentito impotente davanti a sentimenti positivi che nutrivo per una persona che è stata importante nella mia Vita e che credevo lo fosse ancora, pur con modalità diverse. Ho scoperto come la fiducia in me da parte di questa persona fosse venuta meno ed è la cosa che più mi ha fatto male. Ho scoperto che dire la verità è più difficile che dire le bugie, ma questo forse l'ho solo riscoperto, sapendolo già. Ho scoperto tante cose, seguendo come è successo solo poche altre volte nella mia Vita l'istinto: forse sono anche cresciuto. Ora si deve andare oltre.

martedì 22 luglio 2008

Manifesti sgualciti

Stasera mentre assaporavo un gelato mi ha catturato lo sguardo un vecchio manifesto di un circo affisso abusivamente su di una cabina elettrica. E' curioso tra l'altro come le affissioni abusive, se non prontamente rimosse, durino più di quelle autorizzate... I bordi di questo manifesto erano sgualciti ed in parte lo stesso si era staccato, mentre la parte centrale era meglio conservata anche se notevolmente scolorita. Ho ripensato a tanti manifesti sgualciti che incontriamo quotidianamente sulle strade che percorriamo in lungo ed in largo: nessuno ci cattura lo sguardo, ma sono quelle cose presenti che si notano anche senza volere. Ho pensato quindi a manifesti sgualciti che intravisti dopo mesi o addirittura anni appaiono vecchissimi e superati. La cosa che più assomiglia a questi manifesti è il ricordo di qualcosa, sia esso un episodio, una persona, una storia. Man mano che il tempo passa il ricordo si fa sempre più sgualcito e confuso, e forse qualche mese dopo anche superato. Proprio come un manifesto sgualcito...

sabato 19 luglio 2008

Tanti auguri a Te...

Oggi è il compleanno di una persona per me importante, che lo è stata ancora di più nel recente passato e che ora lo è con modalità diverse. Gli ultimi compleanni li abbiamo festeggiati insieme, non sarà così per questo. A volte quando puoi vivere certi bei momenti non li sai vivere nel modo più giusto e intenso: bisognerebbe sempre vivere ciò che si fa come se fosse l'ultima volta che si può fare. Solo così forse si riuscirebbe a vivere la Vita in un modo più intenso. Spesso diamo per scontato quello che abbiamo e ci accorgiamo di quanto questa cosa scontata è importante solo nel momento in cui non l'abbiamo più. E' un discorso che ho già fatto: basta pensare alla libertà, alla salute, giusto per citare due elementi importantissimi di una Vita che diamo per scontata. La Vita terrena è una sola: viviamola assaporandola minuto per minuto, senza perdere una sola occasione... Tanti auguri a Te!

domenica 13 luglio 2008

Terra di mezzo

"E c'è una terra di mezzo, tra il torto e la ragione, la maggior parte del mondo la puoi trovare là". Come dice Jovanotti nel suo ultimo album, rielaborando il classico "la virtù sta nel mezzo". Ma la terra di mezzo può anche essere rappresentata da quel momento che nella Vita spesso ti trovi di fronte quando devi prendere una decisione importante, magari riguardo situazioni in chiusura e ancora recuperabili e altre in apertura e non ancora raggiungibili. Sono cose che nella Vita ti capitano spesso, in ogni campo. Quando vivi la terra di mezzo la guerra tra ragione, istinto e cuore si fa ancora più intensa. La terra di mezzo è orizzonte non visibile, è inizio del tutto ormai lontano, è nebbia fitta, è cielo terso, è tutto e niente. Ed è una grande confusione...

domenica 6 luglio 2008

C'è un temporale in arrivo...

Oggi mi sono trovato a tu per tu con un temporale fortissimo e veloce. Oltre che brevissimo. Man mano che avanzavo i nuvoloni scuri che portavano la notte lasciavano il posto ad una sorta di lama rasoterra grigioverde attraversata da innumerevoli fulmini, che era la zona in cui il muro d'acqua e vento toccava il suolo. Una cosa impressionante. Ad un certo punto la lama ha scavalcato la collina e giù dal crinale si è visto il muro d'acqua ventata avanzare e man mano che avanzava nascondeva tutto in una nebbia bianca. Non me la sono sentita di affrontare il fortunale e ho bruscamente deviato verso Sud, su altre strade, così che il temporale, più veloce di me, mi ha investito per pochi minuti fino a guadagnare il suo lato meridionale. Come canta Jovanotti: "Le previsioni del tempo si posson prevedere, ma un temporale che arriva non lo puoi fermare". Oggi ho vissuto proprio questa sensazione. Ma non tutte le cose della Vita riesci ad evitarle prima che ti investano: e a volte non hai neanche con te un mantello per ripararti...

lunedì 30 giugno 2008

Silenzi nel tempo

Tanti anni fa camminavo in alta montagna in Valfurva. Superato un dosso mi sono trovato su una specie di altipiano erboso con al centro un lago. Quando sono arrivato, nonostante lo scenario così incantevole, ed il cielo così terso e azzurro, ciò che più mi aveva colpito era il silenzio. Non siamo più abituati al silenzio, c'è sempre un rumore di fondo nella nostra Vita. Era un silenzio che faceva quasi paura, ma così meraviglioso. Circa un anno fa, nella notte della Sardegna selvaggia con il vento caldo che correva tra l'erba rinsecchita, sono arrivato in una nota località della Costa Smeralda. Sceso dal taxi, oltre al profumo della macchia mediterranea che si sentiva anche nella notte, mi ero trovato di fronte l'hotel completamente illuminato da piccole luci a parete che lo facevano sembrare quasi un presepe. Tutto era avvolto da uno strano silenzio, mentre il vento scompigliava gli oleandri. Un altro silenzio, un'altra sensazione. Mi basta chiudere gli occhi per rivivere questa scena come se fosse un film. E lo stesso mi accade per quella di tanti anni fa, in alta montagna. Il nostro cervello è incredibile: è come un archivio, che conserva indelebili tanti ricordi del nostro passato. Pochi giorni fa, all'imbrunire, ero nella valle a me tanto cara. Mentre la notte s'avanzava ad un tratto riecco il silenzio. Un silenzio simile a quello della notte sarda. Ho chiuso gli occhi, ho fatto un respiro, ho rivissuto in pochi secondi tanto bello della mia Vita. Ma poi ho faticato a tornare alla realtà: nel silenzio della notte brianzola...

sabato 28 giugno 2008

Caldo afoso

Dopo giorni di pioggia e fresco, da alcuni giorni il clima si è fatto caldo e afoso. Il bianco ed il nero. Troppe volte si passa in troppo poco tempo in situazioni troppo diverse tra di loro. Il corpo non si adatta immediatamente, ma ha bisogno di un certo periodo per adattarsi. Questa è una questione fisica. Se estendessimo alla metafisica questo concetto, si verificherebbe lo stesso fenomeno. Da una condizione di Vita ad un'altra c'è bisogno di un certo tempo di adattamento. Quando ti trovi ribaltato da una situazione all'altra, fatichi a trovare il bandolo della matassa, e l'errore è più probabile. Ma una volta passato il tempo di adattamento, devi vivere la situazione nel modo più naturale possibile. E' per quello che si è portati a certe situazioni piuttosto che ad altre. Se non sopporti il freddo potresti abitare solo per poco tempo nel Nord Europa. Se non sopporti il sole ed il caldo potresti abitare solo per poco tempo in un'isola del Mediterraneo. Ma nella realtà quotidiana sappiamo capire se ci piace di più il caldo od il freddo?

martedì 24 giugno 2008

Il coraggio delle scelte

Meditando su quanto mi è capitato nella Vita (e non sempre puoi scegliere quello che ti capita, nel bene e nel male) mi è venuta in mente questa frase: "bisogna avere il coraggio delle scelte, altrimenti le scelte le prendono gli altri anche per te". E' una frase che mi sento addosso fortemente, anche in un passato abbastanza recente. Purtroppo la intelligentia non ti consente di percepire l'errore nel momento stesso in cui lo stai compiendo: è un pò come quando ti scotti: quando percepisci il dolore è troppo tardi, sei già ustionato. Penso quindi ad episodi del recente passato perchè per quanto riguarda il presente non ho la sufficiente saggezza di cogliere la necessità di scelte impellenti. Ripensando però al recente passato, la percezione di non avere avuto il coraggio di fare scelte coraggiose (il gioco di parole è voluto in cerca di un effetto maggiore) si riverbera nel presente come un'eco lontana piuttosto che un vago ricordo, che porta con sé la dolcezza di tutte quelle cose che trovi belle dopo averle vissute, o forse le trovi ancora più belle del reale. In questo sono sempre stato positivo: tendo ad addossarmi le colpe, sono il primo a ritenersi inadeguato tante più volte di quante raggiungo un'adeguadezza appena sufficiente. Ed il bello è che tanti a volte ritengono che il mio problema sia l'opposto, quello di una eccessiva autostima: forse è solo una uniforme di battaglia. Bisognerebbe aver più tempo per pensare...

martedì 17 giugno 2008

Lectio, Meditatio, Actio

Lectio. Meditatio. Actio. Qualche anno fa mi è stato insegnato un approccio alle Sacre Scritture, che ritengo al di là dell'avere Fede religiosa o meno tra le pagine più belle della letteratura di tutti i tempi: questo approccio trovava il suo canovaccio nelle tre parole latine che titolano il post di oggi. Formalmente potremmo tradurle con: lettura, meditazione, azione. Ovvero occorre leggere un testo, interpretarlo e capirlo; meditarlo, ragionarlo, assimilarlo; tradurlo in fatti concreti. Un approccio in sostanza quasi filologico con un'apertura alla Vita quotidiana. Lectio. Meditatio. Actio. Credo che questi tre verbi possano anche rappresentare la chiave di volta di una persona saggia, o ancor meglio, savia. E' un mio pallino diventarlo ma ancora ieri sera ho dato prova di quanto l'obiettivo sia lontano... Quante volte è l'instinto piuttosto che l'irruenza che si fanno strada al posto della "Lectio". Ovvero quante volte ci capita di aggredire un fatto senza averlo prima letto e compreso? Quante volte questa irruenza ci fa saltare la fase della "Meditatio"? Ovvero porre in atto delle dinamiche ancor prima di avere assimilato un avvenimento? Quante volte evitiamo di trasformare questi passaggi mancati in una "Actio" migliorativa del nostro essere e del nostro rapportarsi agli altri? Quanto devo megliorare, quanto dobbiamo migliorare...

domenica 15 giugno 2008

Il porto di quiete

A volte e anzi spesso, nella mia Vita, mi sento come una nave nel mezzo di un mare in burrasca. Un mare ricco di onde che si increspano alle raffiche di un vento impetuoso. Vento di avvenimenti reali, pratici, o vento di avvenimenti fantastici, nella mente, vento di pensieri, ragionamenti. meditazioni... Quando ti trovi in mezzo ad un mare di burrasca devi assecondare l'onda. Degli amici skipper mi hanno detto che la manovra più sicura è lasciare che la barca assecondi le onde, senza cercare di sfidarle. In questo modo nel mio mare virtuale ed allegorico, che è la Vita quotidiana, a volte mi trovo ad assecondare onde, ad andare in una direzione che non vorrei mai seguire. Dopo una burrasca raggiungere il porto ti porta una soddisfazione remota ed una calma manifesta: le forze si ritemprano, puoi riprendere a pensare con la tua testa, puoi riprendere ad agire secondo il tuo volere. Come ha recentemente cantato Davide Van De Sfroos: "la vita gira finchè gira l'elica... ma gira per nagòtt se te gh'eet mea là un timonn" ovvero "la vita gira finchè gira l'elica... ma gira a vuoto se non hai un timone..." E' proprio vero... E io un porto di quiete l'avevo trovato...

lunedì 9 giugno 2008

"To be, or not to be: that is the question"

"Essere o non essere: questo è il problema". Quante volte nella nostra Vita ci siamo posti questa domanda? Seguire l'istinto o controllarlo con il raziocinio? Essere per gli altri qualcosa che non si è per farli felici? O vivere come si vorrebbe vivere portando magari dispiacere a chi ci circonda che ci credeva diversi? Il rapporto tra le persone credo che sia una cosa estremamente complicata. Nei termini e nei modi. Nei fatti che facciamo: una persona si comporta naturalmente in un certo modo ed il suo comportamento fa pensare agli altri cose diverse: quante volte ci è capitato nella Vita? Quante volte non abbiamo avuto un certo comportamento perchè gli altri avrebbero potuto pensare male di noi? Quante volte non siamo stati naturali perchè il nostro comportamento poteva essere frainteso? Forse questa sera ho fatto troppe domande. O forse è un periodo della mia Vita in cui mi faccio troppe domande. Condivido questo testo di Frankie Hi NRG, anche se è molto duro: e se penso che ha già undici anni lo ritrovo comunque attualissimo. Eccolo: Quelli che benpensano:
"Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere - e non far partecipare nessun altro - nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro : niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti, sono tutti identici, guardali : stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere. Come lucertole s'arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno: spendono, spandono e sono quel che hanno...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
.. e come le supposte abitano in blisters full-optional, con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland, vivon col timore di poter sembrare poveri : quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano, poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono : parton dal pratino e vanno fino in cielo, han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo... Sono quelli che di sabato lavano automobili che alla sera sfrecciano tra l'asfalto e i pargoli, medi come i ceti cui appartengono, terra-terra come i missili cui assomigliano. Tiratissimi, s'infarinano, s'alcolizzano e poi s'impastano su un albero - boom! - Nasi bianchi come Fruit of the Loom che diventano più rossi d'un livello di Doom..
Ognun per se, Dio per se, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica - mani ipocrite - mani che fan cose che non si raccontano altrimenti le altre mani chissà cosa pensano - si scandalizzano - Mani che poi firman petizioni per lo sgombero, mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli. Quelli che la notte non si può girare più, quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv, che fanno i boss, che compran Class, che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara ma l'unica che accendono è quella che da loro l'elemosina ogni sera, quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera..."

domenica 8 giugno 2008

Tutto è relativo...

In particolari momenti della Vita ci si accorge di come tutto sia relativo. Ogni più piccola sensazione ha un peso ed un ruolo diverso a seconda del momento in cui la vivi. Per esempio, a parità di temperatura, supponiamo 20°, questi 20° vengono percepiti come una giornata calda (magari a febbraio o marzo) o una giornata fresca (ad agosto e settembre). Vien anche facile da dire: è perchè il corpo è abituato e si indossa un abbigliamento più pesante o leggero, ma a ben pensare queste cose possono succedere anche nel senso che la nostra mente dà ad un certo episodio in un certo momento. Ecco, sto vivendo uno di questi momenti molto legati al relativo. Vorrei riacquistare presto il senso del mezzo per valutare il tutto con il giusto peso.

sabato 31 maggio 2008

Prima di buttare ciò che hai, ricordati di ciò che non avevi...

Prima di buttare ciò che hai, ricordati di ciò che non avevi... Questa frase m'è comparsa nella mente pochi minuti fa, senza un motivo particolare, ma è un pensiero che forse mi attanaglia da diverse ore. Una frase simile potrebbe essere la classica "ci si accorge davvero di quanto sia importante una cosa nel momento stesso in cui la si perde" che nella mia Vita son già riuscito ad affiancare a tante persone e tante situazioni... Brutta bestia la malinconia, e la cosa più incredibile è che ti insegue quotidianamente rendendosi manifesta quando riesci a rilassarti e dovresti ristorarti. E fino a cinque minuti prima maledivi lo stress quotidiano. Insomma, oggi non è una gran giornata, e questa cosa non ha una causa sola. Sempre che ce l'abbia. Ma intanto me la sento così...

mercoledì 28 maggio 2008

Zefiro torna, e ’l bel tempo rimena

Stasera mi faccio aiutare da Petrarca:
Zefiro torna, e ’l bel tempo rimena,
e i fiori e l’erbe, sua dolce famiglia,e garrir Progne,
e pianger Filomena,e primavera candida e vermiglia.
Ridono i prati, e ’l ciel si rasserena;
Giove s’allegra di mirar sua figlia;
l’aria, e l’acqua, e la terra è d’amor piena;
ogni animal d’amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso!, tornano i più gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch’al ciel se ne portò le chiavi;
e cantar augelletti, e fiorir piagge,
e ’n belle donne oneste atti soavi
sono un deserto, e fere aspre e selvagge.
Nel mio scribacchiare poesie non ho mai raggiunto tali alte vette, anche se lo stile è ovviamente d'altra epoca. Ma l'attacco "Zefiro torna, e ’l bel tempo rimena" è per me qualcosa di fantastico, così intimamente legato al senso vero della Vita da farne una cosa sola. Il vento da Nord porta sempre il sereno, il vento da Sud porta il maltempo: sempre con il vento arrivano i mutamenti. E' come se il vento fosse un segnale evidente che la nostra mente sta pensando. Ricordo una magnifica serata in cui più che le parole aveva dialogato l'Aura... In quella casa all'imbrunire era il vento che irrompeva dalle finestre smuovendo le tende, facendo tremare la fiamma delle candele, facendo tintinnare i campanelli cinesi, pettinando i lunghi capelli biondi... Brividi dentro di me che resteranno per tutta la mia Vita vivi e vividi. Come ho imparato da un detto popolare occitano citato in un recente fantastico film: "Tutte le cose sono come il vento: prima o poi ritornano".

martedì 20 maggio 2008

Aria fresca e pulita...

Nonostante il continuo maltempo e la continua pioggia degli ultimi giorni che fa assomigliare questa primavera mancata più ad un autunno, sento intorno a me aria fresca e pulita. E' una sensazione strana, che non provavo da un sacco di tempo. Una sensazione che temevo di avere perso nelle strade della mia vita, troppo diverse, troppo lunghe e contorte. Ogni novità va affrontata con il giusto spirito, ma sento che devo far tesoro del mio passato per investire quanto mi offre il mio presente con uno sguardo al mio futuro... Intanto la pioggia batte sul tetto. E aiuta a meditare...

sabato 17 maggio 2008

Detto così è semplice e infatti lo è detto così

Oggi non uso parole mie, ma il testo di una canzone del mitico Lucio Battisti del contestato periodo con Pasquale Panella. Periodo che non ha nulla a che vedere con il Battisti del periodo Mogol ma che non mi dispiace, sia per sonorità che per le parole. A me piace giocare con le parole, e non l'ho mai negato. E "La sposa occidentale" che di seguito riporto è un capolavoro, a livello di testo: o no?

Non dobbiamo avere pazienza, ma accampare pretese intorno a noi come in un assedio, ed essere aggrediti dalle voglie più voluminose: un fiore, che è un fiore, io non te l'ho mai portato vuoi improvvisato, vuoi confezionato, ma trasferisco da te tutti i fiorai, è più facile a dirsi, e infatti te lo dico. Ti piacciono i dolci ed io sul tuo terrazzo impianto un'impastatrice industriale che mescola e sciorina la crema per le scale. Se tu ti vesti, io sul tuo balcone faccio calare in forma d'indumenti, tutti i paracaduti ed un tendone bianco da sceicco e la sua scimitarra per fermaglio ed è più facile a dirsi che a dimostrarlo falso, e infatti te lo dico perché non basta il pensiero. Vuoi prendere un treno di notte pieno di paralumi e di damasco per dormire, sennò a che serve un treno: alzo con le mie leve tutti i binari e, senza alcun disagio di viaggiare in discesa, scivolano da te tutti i vagoni. Detto così è semplice e infatti lo è detto così. Ti lascio immaginare cosa succederebbe se tu volessi bere, se tu volessi nuotare, se tu volessi l'ultimo centimetro di cima del monte che ti pare per farne niente o per otturare un buchetto qualsiasi in fondo a un mare. Trascurando il tempo ed il riso tu escludi le risorse più abusive che sono state mai precise come sul tuo bel viso rilassato ed inespressivo. Se nulla capivo, qui tu finalmente nulla lasciavi germogliare sulla brulla, paradossale, tra noi terra infondata, dove sono i leoni, ammattiti e marroni, lasciando immaginare la sposa occidentale. La sposa occidentale che sembra quasi ridere e invece lei respira, quasi piangere, ma gira dall'altra parte il viso, ma ritorna portando sue notizie inaspettate; amando tutto ciò che adora, chiama con nomi fittizi le cose: così, semmai, le rose son spasimi, per ora.

giovedì 15 maggio 2008

Insegna tipica: "osteria"

In questo mondo sempre più globalizzato ci sono luoghi in cui i bar hanno l'insegna "osteria" ed entrando trovi il tempo fermo agli anni Sessanta. Ci sono anche bar in cui l'effetto anni Sessanta è ancora vivo ma non vi è più l'insegna di cui sopra. Ci sono poi luoghi in cui passando davanti ad una casa, il padrone di casa in giardino ti saluta, ti invita alla sosta, in cui se ti fermi anche senza motivo c'è sempre un sorriso ed un bicchiere di vino bianco versato dalla bottiglia tenuta sempre al fresco per queste occasioni. Ci sono luoghi in cui non sei un numero ma sei qualcuno. Ci sono luoghi in cui se non ti si vede in giro per un pò di tempo ci si preoccupa della tua assenza. In questo mondo sempre più spersonalizzato questi luoghi rappresentano sicuramente un qualcosa di prezioso. o almeno così io penso... E questi luoghi non sono lontani e sperduti ma a due passi da Milano nella industriosa Brianza. Perchè anche questa è "Brianzolitudine".

domenica 11 maggio 2008

Mille anni, cinque minuti

"Mille anni, cinque minuti" è il titolo di una mia vecchia poesia che era dedicata alle sensazioni vissute percorrendo una scala storica di un antico castello medioevale che era stata riportata alla luce da poco. Era quindi dedicata a quando nella tua mente si accavallano tante emozioni appartenenti ad epoche diverse. Qualcosa del genere mi è successo in questo fine settimana, complice una rassegna di musica medioevale. Una accozzaglia di sensazioni dovute a incontri, musica, ritorno in luoghi già visitati: tutti fusi in un misto di emozione e nostalgia, con piccole vene di tristezza. L'elemento scatenante è stata la musica medioevale suonata in questo fine settimana: mi ha tanto ricordato un analogo concerto a cui avevo assistito nel cortile di un antico borgo sul monte di Brianza: le note medioevali sotto il portico, un falò poco lontano, le stelle nel cielo limpido, le luci della pianura sottostante, grandi bevute di sidro, il profumo della legna bruciata, i visi illuminati dal fuoco, il venticello frizzante che scendeva dal bosco. Mentre ascoltavo le note medioevali risuonate in questo fine settimane, il ricordo è andato a questo concerto di quasi dieci anni fa... Il luogo di questo fine settimana si è invece intessuto all'elemento che più ha devastato il mio animo negli ultimi mesi, visto che l'ultima volta che vi ero stato non era per un concerto medioevale ma per un matrimonio di amici, a cui non ero andato da solo. La fase di incontro, in questa già doppia accozzaglia, è arrivata come la ciliegina sulla torta: ma qui gli anni passati ormai sono qualcosa come quattordici o giù di lì, e non è paglia. Ma anche questa volta nel silenzio è risuonata solo la voce dell'Aura...

giovedì 8 maggio 2008

Aspettare sulla riva del fiume...

Un detto popolare cinese mi pare suggerisca "Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico". In qualche modo nelle ultime ore la cosa si è avverata. Per fortuna non si parla nè di cadaveri nè di nemici, ma si è comunque verificato un fatto che ha premiato il mio sapere attendere in silenzio. Ragionando sulla mia vita uno dei miei più grandi difetti è sicuramente sempre stato quello di reagire spontaneamente e duramente ogni volta che ti interfacci con una persona che la pensa in modo diverso da te. A volte invece giova di più ascoltare in silenzio, metabolizzare, e se serve replicare a tempo debito con toni più mirati. O aspettare, con la consapevolezza che la verità prima o poi verrà a galla. Come i sentimenti veri, non artificiosi: meno evidenti nel quotidiano, indelebili nel tempo.

domenica 4 maggio 2008

Ubi maior, minor cessat

Ho usato questo latinismo pochi minuti fa, rispondendo ad un sms di una persona che conosco che ultimamente si è un pò defilata. Spesso e volentieri nella vita quotidiana ci si sente superati da qualcun altro. Il nostro orgoglio è sempre guardingo per evitare che l'immagine di noi presso gli altri venga in qualche modo resa più piccola di quella che è o, più spesso, di quella che si crede che sia. Abbiamo dentro di noi una tendenza immanente al ritenerci più importanti di quello che in realtà siamo e poi quando una situazione ci riporta alla realtà sentiamo il nostro orgoglio ferito. Pensare a queste cose mi fa meditare a quanto sia relativa la dimensione dell'oggettivo e quanto lo stesso venga inquinato da un approccio soggettivo. Tornando all'elemento scatenante del titolo del post, mi aspettavo un'evoluzione simile. La foglia l'avevo mangiata qualche tempo fa e come sempre le gambe delle bugie sono davvero corte... In questo periodo particolare della mia vita sono alla ricerca di certezze, siano esse positive o negative, e pertando ogni evoluzione di una situazione incerta ad una situazione di certezza è da vedersi positivamente. Stasera, oltre che certezza, ho avuto una manifestazione di chiarezza. Chissà se sognerò stanotte...

sabato 3 maggio 2008

Il distacco: teoria e pratica

Non è un manuale sulle tecniche di distacco da qualsivoglia situazione, è una accozzaglia di esempi e di pensieri venuti a galla negli ultimi minuti e passati al setaccio come degli gnocchi cotti che vengono a galla nella pentola e pronti per il pranzo. Esempio non aulico ma efficace di quando dalla mente affiorano vari pensieri che vengono catturati in modo "random" ed incasellati successivamente. Premessa già troppo lunga. In ogni caso parliamo del distacco. L'esempio più classico e figurativo del distacco l'ho avuto lasciando con un traghetto una nota isola del Tirreno la scorsa estate. Immaginatevi un'isola ed una persona a voi cara che vi saluta dal porto di questa isola. Man mano che il traghetto si stacca vedete e riconoscete la persona nel contesto del porto. Poco oltre vedete il porto ma non più la persona. Poco oltre vedete l'isola ma non vedete più il porto. Poco oltre vedete una sagoma in lontananza oltre le onde od il mare piatto ma non vedete più l'isola. Poco oltre vedete solo il mare e l'orizzonte. Molto oltre, quindi, non vedete più la sagoma, l'isola, il porto, la persona che vi saluta: anche se lei è ancora lì. Quando ho vissuto questa esperienza però la persona non era sull'isola, ma era sul traghetto con me. Lei era lì, ma forse nel porto mi salutava la parte migliore di lei o mi aveva già salutato. Poco dopo mi ha salutato anche la parte fisica: ma questa è un'altra storia. Parlavo di distacco oggi, forse sono andato un pò fuori tema. Ci ritornerò, ma solo se ritroverò il bandolo della matassa. Prosit!

lunedì 28 aprile 2008

In volo tra pensieri e sussulti

L'esperienza del volo, su un aereo biposto (pilota davanti e passeggero dietro), a bassa quota per i cieli della Lombardia è una esperienza che provo da alcuni anni (come passeggero) ed è davvero bella ed emozionante. Quando sei in volo capisci che l'aria, che ti sembra invisibile e impalpabile quando da terra alzi lo sguardo verso il cielo, in realtà ha una certa consistenza e si comporta come l'acqua: e a volte ti trovi come se galleggiassi su un oceano mosso a cavalcioni di un piccolo tronco. Nella maggior parte dei voli e per la maggior parte di ogni singolo volo in realtà ti sembra (con un pò di abitudine, ovviamente) di essere seduto alla guida della tua auto e forse subisci ancora minori scossoni di quelli che subiresti in auto da passeggero (perchè una cosa è guidare, un'altra cosa è essere passeggeri di un'auto...) Volo mediamente tre ore, tra laghi lombardi, le Prealpi, le Alpi innevate, risalendo le valli e percorrendo le pianure. A volte più in alto, a volte più in basso. Colgo con lo sguardo l'arrivo della primavera, il verde del bosco che compare prima a bassa quota poi ad alta quota, la neve che ammanta i versanti a nord ed è già sciolta su quelli a sud... Guardando la superficie increspata dei laghi capisci se c'è vento e da che parte corre... Insomma, tante piccole cose da osservare che magari impari pian pianino dal pilota, che le osserva anche per condurre l'aereo nel migliore dei modi. Il volo aiuta il pensare...
Ieri pomeriggio ho volato per poco meno di tre ore. Decollo dall'aeroclub di Bergamo, poi via sul lago d'Iseo, la Valcamonica, le valli bresciane e poi un tuffo virtuale sul lago di Garda. Qui il mio occhio è stato catturato dalla penisola di Sirmione, o forse è stato il mio cuore che ha catturato gli occhi ed ha comandato agli stessi di scrutare Sirmione... Il cervello non è intervenuto, inteso come raziocinio, se no avrei dovuto scrutare l'orizzonte opposto a Sirmione. Poi scendiamo di quota ulteriormente e ci avviciniamo a Brescia, che sorvoliamo: il Castello, Piazza della Loggia, il Duomo... Un altro sussulto... Pensandoci poi, dopo il rientro, c'è un filo rosso che legava i due sussulti, reso nella mia mente ancor più chiaro mentre in auto rientravo da Bergamo scrutando il sole al tramonto di fronte a me: un sussulto che fa rima con ricordo. Un solo ricordo per due luoghi. E se come canta Jovanotti "la cura è spesso nascosta dentro alla malattia" forse la mia cura, oggi più di ieri, è nascosta in questo elisir: "chi si lega ai ricordi, non può andare lontano..."