Ci sono giorni in cui ti trovi a guidare lento osservando l'orizzonte, su strade panoramiche di collina, e guarda un pò sempre all'ora in cui il giorno cede il passo alla notte. Notte d'autunno, una notte che si fa più fredda. Boschi d'autunno, con le foglie che iniziano a tingersi come una tavolozza di un pittore. Profumi d'autunno, tra caldarroste a Consonno ed il primo vin brulè di stagione. Strette di mano d'autunno, di amici che non vedevi da un pò di Tempo e che d'un tratto ritrovi uno dietro l'altro. Abbracci d'autunno, virtuali e reali, ma pur sempre abbracci.
Non è un caso che il Cuore in autunno si fa più attento alle piccole cose. E' la voglia del focolare che torna ad accendersi, le giornate che si accorciano, la meraviglia dei colori della Natura, quel lento ondeggiare d'una foglia che si abbandona nel torrente e le rondini che su un filo si preparano a partire.
E' quel tramonto che sublima in un incantesimo che ti si para di fronte, tra miriadi di luci che si accendono dopo che il sole lento è scomparso dietro le Alpi, oltre la bruma della pianura. E' quel vento freddo che ti fa alzare il bavero per ripararti, mentre il profumo della legna bruciata nei camini ti fa capire che l'estate è finita.
Sono le emozioni d'autunno: il Cuore torna a battere quando sente freddo, inseguendo l'Essenza in un volo pindarico verso la pianura che scompare nella bruma.
"Tu chiamale se vuoi, Emozioni..." cantava Lucio Battisti: quanto aveva ragione!
(nella mia foto di oggi: tramonto autunnale da Montevecchia)
domenica 16 ottobre 2011
domenica 9 ottobre 2011
Natura morta a Monastirolo
Osservare dal basso il Monte di Brianza che si avvicina sempre di più, con lo smeraldo dei suoi boschi punteggiati di nuclei rurali, è una emozione che ti predispone alla Pace del cuore.
Mondonico ha ancora il sapore di antico, con le sue case abbarbicate e le sue vie strette.
E via, si sale lungo la mulattiera per Campsirago. Il sentiero tira, va affrontato pian piano.
Man mano che si sale, si allontana il rumore quotidiano e resta la voce del bosco.
Un bosco inondato dal vento da Nord... E' il rombo del vento a farmi compagnia, oltre al rumore dei sassi che di tanto in tanto le scarpe spostano lungo il sentiero ed il lontano scorrere del Molgora in una cascatella.
Lo sguardo si apre al sole ed al cielo turchese alla vista delle prime case di Campsirago. Uno sguardo alla pianura, un caffè all'osteria, quattro chiacchere con l'oste, che è un artista tutto tondo. Davanti a me un quadro con colori caldi ed uno simile con colori freddi: "Il ghiaccio ed il fuoco..." , gli faccio notare...
Poi via di nuovo con i pensieri che si librano nel vento. Verso la Crosaccia si apre lo sguardo sul maestoso Resegone, sull'Adda e la Palude di Brivio, sulla Rocchetta di Aizurro... Proseguo il cammino, di tanto in tanto cadono castagne e ghiande. Il tronco degli alberi anneriti mi ricorda quella mattina di quasi quindici anni fa, quella mattina del 7 aprile 1997 quando con i miei colleghi dell'antincendio stavamo combattendo, proprio lì, una lotta impari contro il fuoco che si era scatenato il giorno prima, proprio da Mondonico: quanto ricordi...
Ora alcuni alberi scricchiolano al vento, pare piangano ancora per le ferite del fuoco: è un suono un pò sinistro, che porta un senso di abbandono come il loro inesorabile abbandonarsi al vento...
La Crosaccia offre un senso di vuoto osservando Beverate: pare di volare... E poi giù a capofitto verso Monastirolo, uno sguardo alla Pianura Padana ed ai nitidi appenninni dalla piazzola per l'elicottero e poi ecco le prime case.
Monastirolo ha il suo fascino: le sue case abbarbicate, il suo silenzio, pare un paese fantasma. Non c'è anima viva. Entro in silenzio, quasi in punta di piedi, nella Piazzetta della Fontana, riprendo il sentiero per scendere ma il tintinnio di un campanello cinese su una porta, mosso dal vento, mi attira. Lo osservo, e su un tavolo lì vicino ecco alcune mele, una vera e propria natura morta brianzola. Il richiamo della fotografia si fa sentire, e scatto alcune immagini in uno stato quasi d'estasi. Torno sui miei passi, fotografo la piazzetta, le porte, alcuni particolari...
Il Tempo scorre, accidenti quanto scorre. Il tramonto è vicino, è il momento della picchiata finale su Mondonico. Mai come in questo trekking ho percepito sensazioni contrastanti ed attimi di Pace: una cura per il corpo e pure per lo spirito.
Nella Brianza dura e pura.
Ad meliora!
(nella mia foto di oggi: natura morta a Monastirolo)
Mondonico ha ancora il sapore di antico, con le sue case abbarbicate e le sue vie strette.
E via, si sale lungo la mulattiera per Campsirago. Il sentiero tira, va affrontato pian piano.
Man mano che si sale, si allontana il rumore quotidiano e resta la voce del bosco.
Un bosco inondato dal vento da Nord... E' il rombo del vento a farmi compagnia, oltre al rumore dei sassi che di tanto in tanto le scarpe spostano lungo il sentiero ed il lontano scorrere del Molgora in una cascatella.
Lo sguardo si apre al sole ed al cielo turchese alla vista delle prime case di Campsirago. Uno sguardo alla pianura, un caffè all'osteria, quattro chiacchere con l'oste, che è un artista tutto tondo. Davanti a me un quadro con colori caldi ed uno simile con colori freddi: "Il ghiaccio ed il fuoco..." , gli faccio notare...
Poi via di nuovo con i pensieri che si librano nel vento. Verso la Crosaccia si apre lo sguardo sul maestoso Resegone, sull'Adda e la Palude di Brivio, sulla Rocchetta di Aizurro... Proseguo il cammino, di tanto in tanto cadono castagne e ghiande. Il tronco degli alberi anneriti mi ricorda quella mattina di quasi quindici anni fa, quella mattina del 7 aprile 1997 quando con i miei colleghi dell'antincendio stavamo combattendo, proprio lì, una lotta impari contro il fuoco che si era scatenato il giorno prima, proprio da Mondonico: quanto ricordi...
Ora alcuni alberi scricchiolano al vento, pare piangano ancora per le ferite del fuoco: è un suono un pò sinistro, che porta un senso di abbandono come il loro inesorabile abbandonarsi al vento...
La Crosaccia offre un senso di vuoto osservando Beverate: pare di volare... E poi giù a capofitto verso Monastirolo, uno sguardo alla Pianura Padana ed ai nitidi appenninni dalla piazzola per l'elicottero e poi ecco le prime case.
Monastirolo ha il suo fascino: le sue case abbarbicate, il suo silenzio, pare un paese fantasma. Non c'è anima viva. Entro in silenzio, quasi in punta di piedi, nella Piazzetta della Fontana, riprendo il sentiero per scendere ma il tintinnio di un campanello cinese su una porta, mosso dal vento, mi attira. Lo osservo, e su un tavolo lì vicino ecco alcune mele, una vera e propria natura morta brianzola. Il richiamo della fotografia si fa sentire, e scatto alcune immagini in uno stato quasi d'estasi. Torno sui miei passi, fotografo la piazzetta, le porte, alcuni particolari...
Il Tempo scorre, accidenti quanto scorre. Il tramonto è vicino, è il momento della picchiata finale su Mondonico. Mai come in questo trekking ho percepito sensazioni contrastanti ed attimi di Pace: una cura per il corpo e pure per lo spirito.
Nella Brianza dura e pura.
Ad meliora!
(nella mia foto di oggi: natura morta a Monastirolo)
mercoledì 5 ottobre 2011
L'abbraccio del bosco
Certe cose le devi decidere ed eseguire, senza pensare.
Seguire quell'istinto che ti guida sulle vie sconosciute dell'Essere come faro nella notte. Certo è che spesso l'Essere è infinitamente incomprensibile, se cerchiamo di spiegare tutto con razionalità.
Ho staccato la spina dell'ordinario, ho ripreso ad ascoltare il battito del mio cuore, ormai ovattato dalla polvere.
Presa diretta.
Brianza dura e pura, ovvero all'ombra di Montevecchia.
Il cammino si fa meditazione, osservando la pace vellutata del bosco di carpini dell'Abbandonato, tra due anse del Curone. Segui un sentiero che non è lo stesso di qualche anno fa. La Natura è Vita, ed i sentieri ne aggirano la sua manifestazione più selvaggia, poco prima del Ponte degli Asini.
Il Santuario è là in alto, illuminato dal sole, guardingo.
Una radura estemporanea, dove c'era un prato c'è un vivaio.
Il passaggio nel bosco dei carpini per antonomasia, quello degli allenamenti di atletica di quando ero adolescente. Pare di passare una gola vigilata dalle raganelle che a sinistra ed a destra ti avvolgono con il loro gracidare, quale fosse un allarme.
Il Curone scorre lento e limpido su quelle spaccature di roccia modellate dalla sua corrente.
Pareva più alta la sorgente del Cop, ma forse sono io che nel frattempo sono cresciuto. Era un luogo più raccolto un Tempo, ora un dissesto del bosco ha reso tutto più luminoso, manca il raccoglimento di allora.
Varcare le soglie dell'ignoto, ovvero le "Colonne d'Ercole" del Cop. Quanti anni avevo non ricordo quando l'ho fatto per la prima volta, ed ora il passo si fa più deciso aggirando Bagaggera per trovarsi tutto d'un tratto in Valfredda.
Salita rapida.
Un amico ti incrocia e vien naturale scambiarsi qualche battuta.
Valfredda è acqua fresca e mucche al pascolo, con lo sguardo che viene calamitato dall'Energia dei Cipressi di Monte. Di nuovo l'abbraccio del bosco, l'acqua limpida, il canto del picchio verde.
Sempre più salita: ma dopo ogni salita per forza deve esserci anche una discesa.
Un'amica ti incrocia e vien naturale scambiarsi qualche battuta.
Il Butto è panorama sulla pianura brumosa d'un autunno che è scacciato da un'estate invadente, mentre i rumori della "civiltà" echeggiano lontani.
Discesa a capofitto. Giù, sempre più giù, con lo sguardo aperto sull'orizzonte della pianura.
Visto? Dopo tanta salita per forza dovessa esserci anche la discesa...
Ultimo tuffo nel bosco. Ovattato silenzio, ancora un abbraccio, l'ultimo.
Il Molinazzo è acqua fresca e traffico nel caos: i rumori della "civiltà" echeggiano vicini.
Ennesima coda, si direbbe dagli sguardi degli automobilisti, ognuno con i suoi pensieri, ognuno con la sua storia. Potevo essere anche io in quella coda, ma invece ho voluto riprendermi l'abbraccio del bosco, cercando elfi e folletti.
Loro son più furbi di noi, quell'abbraccio non lo abbandonano mai.
Anche questa è magia.
(nella mia foto di oggi: l'abbraccio del bosco alla collina di Montevecchia in un gioco di chiaroscuri)
Seguire quell'istinto che ti guida sulle vie sconosciute dell'Essere come faro nella notte. Certo è che spesso l'Essere è infinitamente incomprensibile, se cerchiamo di spiegare tutto con razionalità.
Ho staccato la spina dell'ordinario, ho ripreso ad ascoltare il battito del mio cuore, ormai ovattato dalla polvere.
Presa diretta.
Brianza dura e pura, ovvero all'ombra di Montevecchia.
Il cammino si fa meditazione, osservando la pace vellutata del bosco di carpini dell'Abbandonato, tra due anse del Curone. Segui un sentiero che non è lo stesso di qualche anno fa. La Natura è Vita, ed i sentieri ne aggirano la sua manifestazione più selvaggia, poco prima del Ponte degli Asini.
Il Santuario è là in alto, illuminato dal sole, guardingo.
Una radura estemporanea, dove c'era un prato c'è un vivaio.
Il passaggio nel bosco dei carpini per antonomasia, quello degli allenamenti di atletica di quando ero adolescente. Pare di passare una gola vigilata dalle raganelle che a sinistra ed a destra ti avvolgono con il loro gracidare, quale fosse un allarme.
Il Curone scorre lento e limpido su quelle spaccature di roccia modellate dalla sua corrente.
Pareva più alta la sorgente del Cop, ma forse sono io che nel frattempo sono cresciuto. Era un luogo più raccolto un Tempo, ora un dissesto del bosco ha reso tutto più luminoso, manca il raccoglimento di allora.
Varcare le soglie dell'ignoto, ovvero le "Colonne d'Ercole" del Cop. Quanti anni avevo non ricordo quando l'ho fatto per la prima volta, ed ora il passo si fa più deciso aggirando Bagaggera per trovarsi tutto d'un tratto in Valfredda.
Salita rapida.
Un amico ti incrocia e vien naturale scambiarsi qualche battuta.
Valfredda è acqua fresca e mucche al pascolo, con lo sguardo che viene calamitato dall'Energia dei Cipressi di Monte. Di nuovo l'abbraccio del bosco, l'acqua limpida, il canto del picchio verde.
Sempre più salita: ma dopo ogni salita per forza deve esserci anche una discesa.
Un'amica ti incrocia e vien naturale scambiarsi qualche battuta.
Il Butto è panorama sulla pianura brumosa d'un autunno che è scacciato da un'estate invadente, mentre i rumori della "civiltà" echeggiano lontani.
Discesa a capofitto. Giù, sempre più giù, con lo sguardo aperto sull'orizzonte della pianura.
Visto? Dopo tanta salita per forza dovessa esserci anche la discesa...
Ultimo tuffo nel bosco. Ovattato silenzio, ancora un abbraccio, l'ultimo.
Il Molinazzo è acqua fresca e traffico nel caos: i rumori della "civiltà" echeggiano vicini.
Ennesima coda, si direbbe dagli sguardi degli automobilisti, ognuno con i suoi pensieri, ognuno con la sua storia. Potevo essere anche io in quella coda, ma invece ho voluto riprendermi l'abbraccio del bosco, cercando elfi e folletti.
Loro son più furbi di noi, quell'abbraccio non lo abbandonano mai.
Anche questa è magia.
(nella mia foto di oggi: l'abbraccio del bosco alla collina di Montevecchia in un gioco di chiaroscuri)
Iscriviti a:
Post (Atom)