domenica 28 dicembre 2008

In siretina, tra ul ciar e ul fosch


Nella scansione dei momenti della giornata il brianzolo così battezza l'imbrunire: "In siretina, tra ul ciar e ul fosch" (letteralmente: quando è piccola sera, tra la luce del giorno e il buio della notte). La "siretina" pertanto si colloca appena dopo quel momento in cui il sole scende oltre l'orizzonte: i colori con toni fosforescenti si fanno ancora più vivi e le luci si accendono pian pianino qua e là. La "siretina" credo sia il momento più bello della giornata, forse dolce d'estate e più rigida d'inverno. E' l'ora in cui le cornacchie gracchiando sinistramente vanno "a mason" (a dormire), è l'ora in cui la Natura si prepara alla notte. E' l'ora nella quale nei piccoli duelli rusticani di Brianza la minaccia si fa più viva (da cui il detto "se al ciapi in siretina..." - se lo prendo all'imbrunire...). L'espressione "tra ul ciar e ul fosch" mi piace molto nel nostro dialetto sempre più in disuso (anzi, chiedo già pubblica venia per le sicure imprecisioni nel modo di scriverlo, ma mi basterebbe aver dato l'idea...).
Ed ora un piccolo racconto ambientato "in siretina". Quella sera Carletto rientrava a piedi da Galbusera Nera "in siretina", come ogni giorno, lungo i sentieri che attraversano la valle salendo verso Monte. Il passo sicuro come quello di un uomo che percorreva quei sentieri da una Vita intera di notte e di giorno, in tasca il classico "rampinet" che fa di un uomo il vero contadino brianzolo. Il "rampinet" in italiano può forse essere definito come una "piccola roncola tascabile" e chi vive e lavora in campagna lo ha sempre in tasca per innumerevoli usi: va bene per pulire la verdura nell'orto, per cimare eventuali rovi o rami che interrompono i sentieri, per pulirsi le scarpe o gli stivali dal fango, e perchè no, per una prima sommaria difesa da eventuali aggressioni di animali 0 uomini, soprattutto a scopo intimidatorio. Carletto proseguiva con il passo sicuro ed aveva appena scollinato il sentiero dei cipressi, iniziando la discesa verso Monte: ormai la "siretina" aveva ceduto il posto al primo buio della notte. Tutto d'un tratto Carletto si trova davanti un teschio illuminato da una lampadina elettrica e posto su un bastone che minacciosamente si pretendeva da una siepe verso di lui con strani rantoli. "Porcu dighel" esclama Carletto arretrando spaventato e portando verso il teschio il "rampinet". In quel momento il teschio viene lasciato cadere a terra e dal cespuglio saltano fuori alcuni amici sorridenti per lo scherzo riuscito... Ecco cosa può succedere "in siretina" in Brianza: l'ho sempre detto che son nostalgico di qualche anno fa perchè bastava davvero poco per divertirsi. Anche "in siretina". Posso però considerarmi fortunato; questo è un racconto che mi ha detto direttamente Carletto: ora anche lui, come dicono gli Alpini, è andato avanti.
(nella mia foto di oggi: il santuario di Montevecchia "in siretina")

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Piccoli aneddoti di una Brianza che piano piano sta scomparendo....teniamoli VIVI....ricordiamoli per non perdere le nostre radici.....attimi di noi....
Augurando te Gio,un nuovo anno pieno di serenità, faccio lo stesso AUGURIO a chi è nel silenzio e magari legge il tuo blog E i post....FELICE ANNO A TE...

Giovanni Zardoni ha detto...

Grazie di cuore :-) !

Anonimo ha detto...

La seretta... ricordo che per estensione far "seretta" voleva dire ritornare a sistmare le bestie in stalla, prima di cena. Era quello che si faceva almeno fino agli anni settanta, quando l'operaio tornava dal lavoro in fabbirca ma non aveva del tutto mollato la sua vocazione contadina.

Ma adesso, con le villette e i condomini di mezzo, chi la seretta la fa più? E' già tanto fare un pezzetto d'orto, e già così ti guardano male.

Giovanni Zardoni ha detto...

Bravo Brian. La "seretta", questa è la letterale traduzione di "siretina". Condivido: per quanto mi riguarda ho impiantato un piccolo vigneto di cui vado fiero: e che mi guardino male quanto vogliono :-)